Donald Trump, alla vigilia del vertice Nato, ha minacciato di mettere dazi sul 100% delle importazioni dalla Francia, pari a 2,4 miliardi di dollari, come rappresaglia per la digital tax sui big Usa del web, da Google a Facebook, passando per Amazon. Ma il monito vale anche per l’Italia.
La digital tax viene infatti considerata dagli Usa discriminatoria nei confronti delle società americane.
Non si è fatta attendere la risposta di Iab Italia – l’associazione che rappresenta oltre 180 operatori della pubblicità online sia a livello nazionale che mondiale – per ribadire al Governo italiano, ancora una volta, l’importanza strategica di questa imposta che andrebbe definita e applicata al più presto.
“La digital tax – si legge in una nota inviata dall’associazione presieduta da Carlo Noseda – non è stata concepita per discriminare i colossi del web americani, ma per riequilibrare l’assetto concorrenziale del mercato. La digital tax ha inoltre un obiettivo di lungo periodo e come associazione di categoria spingiamo affinché sia realizzata per dare sviluppo a un settore chiave per il nostro paese. Il digitale vale infatti, più di 65 miliardi di euro e impiega oltre 280mila professionisti a tempo pieno. Il valore dell’industria digitale porta con sé rinnovamento e trasformazione in tantissimi altri settori adiacenti, come per esempio il digital advertising che nel 2019 vale oltre 3 miliardi di euro, ma che è per il 76% nelle mani degli OTT che possono contare su ingenti risorse finanziarie derivanti da un gettito fiscale pari a nulla. Risorse che questi colossi impiegano in sviluppo tecnologico e attività di M&A, togliendo evidentemente alle aziende domestiche ogni remota possibilità di poter competere sullo stesso piano, limitando le loro capacità di crescita o addirittura di sopravvivenza. La ‘discriminazione’ quindi semmai è verso le nostre aziende e non verso quelle americane”.