Il primo Prosumer Report del 2021 di Havas è dedicato al futuro dell’invecchiamento con l’obiettivo di comprendere quale sia il suo significato nel 21mo secolo, ossessionato dalla gioventù e destinato a diventare un secolo anziano, dato che entro il 2050 gli over 60 costituiranno quasi il 22% della popolazione umana e in certi paesi, come l’Italia, avranno una quota ancora maggiore.
Il report si basa su un sondaggio che ha coinvolto 12mila intervistati in 28 mercati (tra cui l’Italia), con un’attenzione particolare per i Prosumer, quell’avanguardia di consumatori che anticipano i comportamenti che diventeranno mainstream, segmento che Havas studia da più di 15 anni.
‘The Future of Aging’ analizza un momento di forte cambiamento in cui la lotta dei Baby Boomer per restare giovani si incrocia con quella dei Millennial per emergere e garantire un futuro alla propria generazione per capire quali siano le opportunità per i brand in questa evoluzione della società.
La cultura della giovinezza. Lo studio evidenzia che l’età è, anche, una questione mentale: 7 su 10, tra millennial e boomer, concordano sul fatto che sia legata solo in parte alle abilità fisiche. Di fatto, i Baby Boomer hanno inventato la cultura della giovinezza e la metà di tutti i Prosumer, non solo gli over 60, dichiara ammirazione per questa generazione che ha lottato per temi cruciali, dai diritti civili ai diritti delle donne. I brand devono muoversi in equilibrio tra comunicazione a target universale e offerte dirette a un pubblico più anziano: 2/3 dei boomer intervistati affermano infatti di preferire marche non targettizzate verso alcuna generazione in particolare, tuttavia il 56% si aspetta anche che i brand preferiti adattino prodotti e servizi alle loro esigenze.
Nuove fratture. Oltre la frattura generazionale tra una generazione che resiste e un’altra che scalpita, lo studio rileva l’esistenza di altre fratture. C’è quella economica, data dal fatto che quasi la metà degli intervistati tra i 18 e i 34 anni concorda sul fatto di essere stata costretta a “sacrificare troppo della propria crescita/stabilità economica e del proprio stile di vita”, mentre solo il 22% degli over 55 crede che sia davvero così. In più, il 48% dei millennial pensa che il covid-19 abbia “aumentato il debito delle vecchie generazioni verso le nuove”. C’è la frattura tecnologica e culturale: solo il 17% degli attuali utenti internet ha più di 55 anni e tende a restare indietro rispetto ai nuovi media. E c’è la frattura ideologica: se da un lato i millennial riconoscono i meriti dell’attivismo giovanile dei boomer, dall’altro una parte importante della loro generazione li incolpa per una serie di mali, tra cui l’esaurimento delle risorse dovuto a consumi eccessivi (40%), i danni all’ambiente (30%) e il debito finanziario che ricadrà sulle spalle dei più giovani (37%).
Le strade verso la riconciliazione per gli intervistati passano dalla ricerca di un nuovo equilibrio di potere, lasciano più spazio ai giovani (65%), favorendo il mentoring intergenerazionale che scambia i ruoli e permette ai boomer di imparare dai millennial e viceversa, restando uniti al di là delle divergenze.