Il branded content è un ‘animale’ complesso, ma capace di raccontare l’essenza della marca e generare ritorni d’immagine

La leva del branded content ed entertainment è oggi sempre più diffusa, i brand la apprezzano, la usano, ripetono l’esperienza e gli investimenti vengono confermati o aumentati. Però oggi ‘contenuto’ vuol dire tutto e niente: come si fa dunque a identificare le opportunità e gli ambiti più coerenti e strategici? A If Italians Festival Brand News ha invitato ad analizzare l’argomento BMW e Heineken, due aziende che hanno puntato sui contenuti e ne hanno fatto una storia di successo

Il branded content piace alle aziende, e gli investimenti crescono. Lo rileva il sondaggio realizzato da Brand News su un campione di lettori responsabili comunicazione e marketing, che ha offerto spunti interessanti per l’intervento organizzato a If Italians Festival ‘Branded content & entertainment, non solo coinvolgimento’. Nel quale andare oltre è sì la capacità di trattenere un’audience, ma generando vere emozioni e dando a possibilità alla marca di raccontare la propria essenza e significato per il consumatore.

Ospiti sul palco insieme a Nicola Zonca, direttore di Brand News, sono stati Cristina Gusmini, Group Brand Manager Heineken e Desperados, e Salvatore Nanni, Marketing Director di BMW Italia.

Da sx Cristina Gusmini, Nicola Zonca, Salvatore Nanni

L’ESSENZA DELLA MARCA, I VALORI DEL BRAND

«Il vantaggio del branded content è che permette al brand di raccontare non tanto quello che fa ma chi è, i suoi valori, la sua storia e cosa rappresenta per il consumatore» ha detto Cristina Gusmini. Salvatore Nanni ha aggiunto che i contenuti sono importanti per creare una connessione emotiva con le persone. «Creare prodotti di comunicazione di qualità offre anche l’occasione di staccarsi dai classici obiettivi del dipartimento marketing per lavorare su aspetti più creativi, che permettano meglio di esprimere i valori del brand, emozionare le persone oltre che suscitare interesse».

Certo è una leva non facile da gestire, l’azienda deve prendersi dei rischi e deve avere bene chiaro  il pubblico a cui si rivolge. «Il branded content è un animale complesso e articolato, non sempre facile da decodificare per le aziende – spiega Gusmini -. Si tratta di contenuti la cui chiave è nel contenuto stesso: dunque ci vuole una comprensione profonda del target, più orizzontale e quindi più complesso. E bisogna essere capaci di prendersi dei rischi, già dall’inizio».

L’ESPERIENZA DI HEINEKEN

Sia Heineken che BMW in fatto di branded content hanno alle spalle una storia lunga ed entusiasmante, segnata da iniziative di altissima qualità e pluripremiate nei festival internazionali. Quella di Heineken inizia addirittura negli anni ’90, nella forma prevalente degli eventi, dalla musica al calcio, allora come oggi una leva importante nella costruzione dell’immagine di marca e della relazione com il target.

«Oggi ci siamo evoluti  – spiega Cristina Gusmini –  e la maggior parte del nostro branded content ha come punto di atterraggio il digital, con l’obiettivo di creare una relazione, non verticale, nella quale il brand cerca di coinvolgere il consumatore condividendone le passioni e cercando di raccontarle». 

I tre esempi mostrati, tutti a cura di Publicis tra Italia e Uk, ne raccontano le diverse sfaccettature:  Dilemma’ dimostra il punto di vista sulla Champions; ‘More Than a Race’, legata alla recente sponsorizzazione della F1, un percorso in fase di costruzione, che durerà nel tempo. Infine ‘Worlds Apart’, che vuole dimostrare l’apertura alla base del posizionamento della marca ‘Open Your World’. 

TRE CONSIGLI PER LE AZIENDE

«Alla luce della nostra esperienza – chiude Gusmini – sono tre i punti chiave per lo sviluppo di branded content: 1) lavorare su un insight forte che parte dalla comprensione del target, che non è un obiettivo a cui rivolgersi ma un gruppo di persone con cui interfacciarsi e talvolta coinvolgere fisicamente in quel che si realizza. 2) La realtà di quel che si realizza: ovvero realtà rispetto a quel che si vuole raccontare, mettendo a nudo i valori del brand e realizzando cose vere. Quelle che abbiamo visto sono tutte situazioni vere in cui abbiamo messo le persone in grado di raccontare storie. Una pratica che comporta qualche rischio, ma senza rischi non si raggiunge l’eccellenza creativa. 3) Infine la collaborazione, non solo tra agenzia e azienda ma anche di altri interlocutori tipo l’associazione ‘World apart’. Il consiglio è dunque di aprirsi anche ad altri esperti per costruire un percorso di storytelling vero e articolato».

L’ESPERIENZA DI BMW

L’esperienza di BMW inizia invece nel 2001 con il lancio di BMW Film e la produzione, nell’arco di due anni, di ‘The Hire’, una serie di cortometraggi con un Clive Owen agli inizi della carriera come protagonista, firmati dai migliori registi internazionali come John Frankenheimer, Ang Lee, Wong Kar-wai, Alejandro González Iñárritu, Guy Ritchie, Joe Carnahan, John Woo, Tony Scott. Questo progetto di lungo periodo è stato premiato con il primo Titanium Lion, il premio alle operazioni che rompono gli schemi e fanno progredire il settore della comunicazione.

«Il branded content fa parte della strategia di comunicazione ed è uno dei pilastri perché ci permette di  raccontare una storia con l’obiettivo di emozionare le persone – spiega Salvatore Nanni -. Nel tempo abbiamo utilizzato tutti gli strumenti a disposizione, perché il branded content è stato anche un’occasione per osare, reinventare cose e innovare. Basti pensare a ‘The Hire’, un progetto totalmente innovativo, distribuito in rete tre anni prima che nascesse YouTube, con le connessioni dell’epoca, e in un’epoca in cui la tv o altri media erano i re della comunicazione. Una produzione che voleva raccontare la nostra promessa di marca, ovvero il piacere di guidare. Il branded content ci ha permesso di raccontarla andando fuori dalle regole che nell’advertising classico dobbiamo rispettare. Da quel momento abbiamo fatto tantissimi progetti, arrivando fino al 2016: l’anno del centenario di BMW».

Per la celebrazione è stato realizzato un omaggio al primo branded content, ‘The Hire’, un action movie chiamato ‘The Escape’ sempre con Clive Owen protagonista e al centro il piacere di guidare.

ANCHE IN ITALIA SI PUO’ FARE BC DI ALTA QUALITA’

«Anche in Italia, mercato caratterizzato da budget minori e obiettivi molto tattici, si può fare branded content di qualità. Abbiamo infatti colto l’occasione del centenario per raccontare la visione del brand di fronte alle sfide della mobilità del futuro. Alle tante domande che le persone si pongono sul futuro, BMW sta cercando di dare delle risposte. Ad esempio, su che senso abbia guidare in un futuro di auto connesse e autonome. La nostra idea è che le auto potranno guidare da sole ed evitare gli incidenti, ma la tecnologia non deve andare ad annullare le emozioni e la passione per il design, per le cose belle, di mettersi alla guida e godersi il proprio tempo. La tecnologia ci aiuterà a vivere meglio ma non ci toglierà le emozioni. Questa visione di marca è stata raccontata attraverso tantissimi progetti, i principali dei quali sono stati un enorme evento a Monza, tre giorni dove più di 40mila persone si sono unite per condividere la passione per le auto; il secondo è la serie tv ‘Hundred to go’ realizzata con Fox, trasmessa in prima serata per 5 lunedì, 5 puntate da 7 minuti ciascuna. Si tratta di un progetto di branded content attraverso cui abbiamo voluto raccontare una storia che si svolge nel 2116, in un mondo perfetto ma senza emozioni, ma in cui accade qualcosa che riporterà la passione nella società del futuro. Ci siamo confrontati con sfide enormi: la costruzione della storia, la produzione totalmente italiana e il fatto di aver voluto una storia di fantascienza, dunque abbiamo usato una concept car che, per farla muovere, abbiamo dovuto ricostruire in digitale».

Al progetto ha collaborato tutto il reparto comunicazione di BMW, l’agenzia M&C Saatchi, Vizeum, Fox e Sky.

NEL LUNGO PERIODO RITORNI DI IMMAGINE ASSICURATI

«Poter fare del branded content richiede da parte del brand visione chiara – ha concluso Nanni – Bisogna guardarsi dentro, per capire cosa si vuole raccontare, e una certa dose di coraggio. Perché in azienda la prima cosa che chiederanno saranno i ritorni di un’attività come questa. Sono ritorni a medio lungo-temine. Bisogna avere il coraggio di portare avanti un’idea creativa, perché nel lungo periodo il valore del brand e  ritorni di immagine per la marca sono assicurati»

Il branded content è un ‘animale’ complesso, ma capace di raccontare l’essenza della marca e generare ritorni d’immagine ultima modifica: 2017-10-02T10:32:52+02:00 da Redazione

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