Daniela Della Riva, PHD. Ecco come abbiamo mappato l’ecosistema delle fake news

Daniela Della Riva, strategic director di PHD Italia, spiega il lavoro dietro la mappatura delle fake news fatto per evitare che i brand ne diventino finanziatori inconsapevoli. Soluzioni per eliminarle non ce ne sono, ma non bisogna rinunciare a promuovere educazione e cultura mediatica

L’idea è nata intorno a uno dei tavoli di lavoro di AssoCom che sta contribuendo alla discussione sul tema. In PHD Italia ne abbiamo ricostruito la filiera, dalla fase di preparazione a quella della monetizzazione, identificando dietro ogni fake news un progetto molto preciso e di lungo termine per tenere viva la viralità che la fake ‘madre’ ha generato. E abbiamo scoperto una forte somiglianza con le logiche e le impostazioni della filiera dell’advertising: la definizione di una strategia, la creazione di messaggi e contenuti, la pianificazione, la capacità di definire i target, individuare i trend, creare una forma accattivante, raggiungere l’obiettivo.

Per fortuna, abbiamo anche visto che la maggior parte dei finanziamenti che alimentano la fabbrica delle bufale non viene dall’advertising e che i numeri, già piccoli in mercati grandi come quello UK, in Italia sono praticamente piccolissimi. Non è detto che una notizia falsa sia sempre negativa, ma il nostro ruolo ci impone di poter scegliere: mancando veri e propri strumenti di prevenzione, i siti di fake news riescono a penetrare negli adnetwork, eludendo i controlli delle black list, riuscendo a monetizzare il traffico generato attraverso i social. Questo traffico genera impression che permette ai creatori di fake news di guadagnare sugli investimenti pubblicitari.

La distribuzione è lo snodo cruciale delle fake news, avviene soprattutto attraverso i social, che permettono di mantenere un costo basso e l’anonimato, attribuendo una credibilità più alta grazie all’approccio P2P, e approfitta di una maggiore profondità sia in termini di durata nel tempo sia in termini di capacità di coinvolgere le fanbase a tutti i livelli.

Le fake news piacciono proprio per il loro aspetto virale, accattivante e che fa numeri: alcuni brand sono pure disposti ad approfittare della viewability delle fake news; in genere sono piccoli, con pochi investimenti, mentre i grandi brand sanno che si tratta comunque di un contesto negativo che mette a repentaglio la loro reputazione.

Soluzioni? Non ce ne sono in vista, la tecnologia non è all’altezza del fact checking, anzi produce kit per la creazione di fake news, 15 dollari per 500 parole e un alto tasso di automazione. Ma è già importante iniziare a fare cultura sulle fake news e continuare a fare cultura mediatica, anche perché il consumatore che condivide fake news non è certo poco colto o poco consapevole, ma le fake news viaggiano a una velocità x6 rispetto alle notizie vere e hanno il 70% in più di potenzialità di condivisione.

L’impegno di OMG, insieme ad AssoCom e AGCOM, oltre a stimolare una riflessione sul tema, prevede l’individuazione di un business model relativo alla produzione e distribuzione di fake news, definendo ruoli, confini e margini di intervento dell’adv nella diffusione virale del falso, evitando di diventarne finanziatori inconsapevoli.

Daniela Della Riva, PHD. Ecco come abbiamo mappato l’ecosistema delle fake news ultima modifica: 2018-07-13T10:04:22+02:00 da Redazione

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