Durante la scorsa estate l’argomento clou per creativi e visual artist è stata la tecnologia di intelligenza artificiale Midjourney, capace di generare immagini da un testo scritto. Per Francesco Guerrera, chief creative officer di Different, “siamo sull’orlo di un cambiamento epocale”. Gli abbiamo chiesto di raccontarci cos’ha imparato sperimentandola
Stupore autentico è la reazione istintiva di chi vede i suoi feed social popolarsi di immagini create con Midjourney, la tecnologia di intelligenza artificiale capace di generare un’immagine da un testo scritto. Un po’ per l’impatto visivo delle creazioni, un po’ perché è impossibile non pensare a come sta rivoluzionando i rapporti tra la creatività e la tecnologia, alle nuove possibilità che apre in ambito artistico, editoriale e pubblicitario e anche all’impatto sulle professioni creative.
Midjourney è stata ideata dall’omonimo laboratorio di ricerca indipendente fondato da David Holz, tra i co-fondatori di Leap Motion. La tecnologia è stata resa disponibile lo scorso marzo solo su invito, dal 12 luglio è in open beta e da agosto è disponibile su tutti i server di Discord fino a un massimo 30mila utenti con un modello di business freemium. Durante la scorsa estate, è diventata il tema del momento nelle cerchie delle arti visive, pubblicità, gaming e migliaia di creativi la stanno testando per capirne il funzionamento.
Tra questi c’è Francesco Guerrera, chief creative officer di Different, che ci ha raccontato cosa ha imparato sperimentando con Midjourney.
«Ricordo distintamente il giorno in cui per la prima volta ho visto una creazione in AI, ai primi di maggio. Mi è cascata la mascella, ed essendo curioso di natura ho subito iniziato a fare ricerche, leggere articoli, osservare i lavori pubblicati nelle comunità di Discord e soprattutto mi sono messo in fila per testare lo strumento. Ci sono voluti 17 giorni per metterci su le mani e verso metà giugno ho iniziato a elaborare, prima in modo casuale, poi, man mano che ne capivo il funzionamento, imparando a utilizzare l’AI come strumento creativo».
Secondo Guerrera gli esperimenti si sono susseguiti in tre fasi: una prima cosiddetta ‘ad cazzum’ per vedere se la macchina indovinava quello che si aveva in mente, una fase in cui le creazioni rispondevano all’impronta delle comunità di creativi che ci avevano lavorato per primi producendo quindi visual grotteschi, in stile fantasy. «La macchina aveva imparato da un mondo fatto di fantasy, ma presto tanti creativi hanno iniziato a lavorarci su, moltiplicando le possibilità espressive – ci racconta il cco di Different -. Da appassionato di typography, anche io ho trovato il mio modo di fare le cose, usando l’AI come un vero e proprio strumento creativo. Inizialmente la curva di apprendimento dell’AI era bassa, ma poco alla volta il dialogo con la macchina è diventato consistente e questa ha iniziato a rispondere in modo più preciso. C’è una grammatica per dialogare, la sintesi è importantissima. Il passo successivo è infine approcciarla con una mentalità progettuale che apre enormi possibilità a chi, fin ora, ha sempre scritto e non ha mai avuto modo di esprimere le proprie idee con immagini».
La diffusione di Midjourney – ma anche delle altre tecnologie di AI che trasformano testi in immagini come Dall-e – è stata accompagnata puntualmente da polemiche sulla “morte dell’arte”. Ha fatto storcere il naso a molti il premio assegnato alla Colorado State Fair all’opera ‘Théâtre d’opéra spatial’ realizzata da Jason Allen con Midjourney, nonostante l’uso fosse stato dichiarato in modo trasparente. E sui feed dei professionisti della comunicazione che postano i loro lavori si sviluppano discussioni spesso critiche.
«Chi in questo momento sta gridando all’oltraggio non si rende conto che l’AI è solo un nuovo strumento al nostro servizio. Quante volte abbiamo sentito questa reazione? Pensiamo solo a quando è nata la fotografia, che non ha cancellato la pittura o le illustrazioni – commenta Guerrera -. In questo momento è più intelligente capire le potenzialità di questa nuova tecnologia e come la si può utilizzare nel nostro lavoro. Bisogna studiare e capire, invece che sollevare polemiche sterili. Se vogliamo essere romantici possiamo raccontarcela quanto vogliamo. Anch’io amo le pagine fatte a mano, sono un maker, mi piace sporcarmi le mani. Ma sono anche curioso. E in quanto manager e responsabile di quasi 70 teste creative devo capire come l’AI ci può aiutare».
La velocità è il beneficio più importante emerso fin ora dalla sperimentazione creativa dell’AI. A fronte di una spesa estremamente contenuta e qualche ora di formazione, il team è riuscito a ridurre il tempo di elaborazione dei visual da giorni a poche ore, lasciando ai creativi più tempo per pensare.
Per intendersi, il tempo sprecato per tutte quelle proposte che venivano bocciate alla prima riunione ora è molto di meno. Si riesce a capire prima che direzione prendere e cosa desidera il cliente. Benefici talmente evidenti che suggeriscono come questa sia una novità che è qui per restare, al contrario di meteore come Clubhouse.
Sta velocemente diventando mainstream e sono anche uscite le prime campagne che sfruttano apertamente questi strumenti, come quella di Tbwa\Melbourne per il Melbourne Writers Festival e quella di Ogilvy Paris per La Laitière.
«Siamo sull’orlo di un cambiamento epocale. Non per quanto riguarda le idee, ma per la velocità con cui le idee si possono realizzare in un momento in cui tutte le aziende cercano di risparmiare tempo e risorse – spiega Guerrera -. Midjourney velocizza il nostro lavoro in maniera impressionante e nel workflow di un’agenzia creativa si è rivelato uno strumento potente per tutta la parte di moodboard, che prima necessitava di ore di ricerca spesso inutile. Lo usiamo anche per la sperimentazione di nuovi linguaggi e vediamo il confronto con le community come una fonte di ispirazione. Tuttavia credo sia ancora prematuro usarlo per una vera e propria campagna: in questo momento lo strumento prevale sull’idea, sotto ci deve essere un insight strategico forte. Sono restio a pensare che possa superare un creativo o un illustratore, anche se a volte questi balzi tecnologici ci hanno portato sorprese».