LePub Italy presenta la nuova leadership e si propone ai brand che mirano ad avere rilevanza culturale

Negli ultimi mesi è avvenuto un ‘quiet rebranding’ di Publicis Italy, ora LePub, nuovo network internazionale. Il Ceo Italia Niccolò Arletti e il Cco Italia Francesco Poletti ci hanno raccontato l’approccio strategico e il modello di lavoro adatti non solo alle multinazionali ma ad aziende italiane intraprendenti

Niccolò Arletti e Francesco Poletti

LePub nasce nel 2020 come snodo dell’headquarter italiano con l’apertura dell’ufficio di Amsterdam, ed è mutata nel tempo strutturandosi come un vero e proprio network grazie al lavoro del Global Ceo Bruno Bertelli, anche Cco Publicis Worldwide, e Cristiana Boccassini, Global Cco LePub.

Negli ultimi anni, il network ha rafforzato il proprio posizionamento espandendosi ulteriormente e affiancando alle sedi di Milano, Roma e Amsterdam l’apertura di nuovi uffici con centri nevralgici a São Paulo, Città del Messico, Johannesburg e Singapore, annoverando nel suo portafoglio importanti clienti italiani ed internazionali come Heineken, Barilla e Mulino Bianco, Bottega Veneta, Borotalco, Netflix e Marvis.

Nell’arco dell’ultimo anno è stato compiuto un ulteriore step, che in tutti i paesi coinvolti ha visto l’apertura dei nuovi uffici, mentre in Italia ha visto realizzarsi l’effettivo rebranding della sigla Publicis Italy in LePub con l’istituzione di una nuova leadership italiana.

Da febbraio il Ceo è Niccolò Arletti, ex Ceo di Ddb Group Italy, mentre ad aprile 2023 era arrivato da Vmly&r (oggi Vml) Francesco Poletti con la carica di Chief Creative Officer.

Con loro abbiamo fatto il punto su come si posiziona oggi LePub Italy sul mercato e cosa rende speciale il modello d’agenzia, cominciando dal rebranding.

«Questa è una realtà che va ad una velocità straordinariamente elevata e, trattandosi di un’operazione strategica che ha coinvolto soltanto le sedi italiane, abbiamo optato per un ‘quiet rebranding’ scegliendo di dare la priorità al consolidamento di questa nuova realtà in seno a Publicis Groupe, insieme alla cura del cliente e del prodotto strategico e creativo» ci spiega Niccolò Arletti, sottolineando l’unicità di LePub Italy sul mercato, che solitamente vede la collocazione dei centri decisionali fuori dall’Italia. «Si decide tutto qui, e questo è stato uno dei motivi per cui ho accettato con entusiasmo questa sfida».

Non è insomma un network in senso classico, aggiunge Francesco Poletti: «È come se ci fosse un’unica agenzia indipendente con uffici internazionali, con Cristiana Boccassini e Bruno Bertelli come leader».

Niccolò Arletti

Il posizionamento di LePub è incentrato sull’incontro delle marche con il contesto culturale e il tessuto sociale, l’ingrediente chiave per generare rilevanza presso le audience di riferimento, spiega Arletti. «Dal Covid in poi, con la trasformazione digitale e la proliferazione dei touchpoint, è aumentato anche il rumore di fondo nel quale una marca o guadagna rilevanza, o le si prospettano tempi duri. Oggi una marca deve far percepire alle persone che sta aderendo ai loro valori, che ha capito quali sono i loro comportamenti e i loro bisogni, e deve agire per assecondarli e soddisfarli. Solo a questo punto avviene la percezione del valore della marca. LePub si trova dove i brand incontrano la cultura, intersezione nella quale può accadere la magia. Se manca questo presupposto, tutto diventa più difficile o inutile» spiega il Ceo.

È qui che emerge l’importanza dell’impianto strategico preliminare allo sviluppo e all’esecuzione dei progetti, che determina il loro senso e trova l’aggancio ideale alle aspettative e ai comportamenti delle audience, in evoluzione a seconda del momento storico. «Se manca tutto questo, mancherà anche la rilevanza. In questo lavoro preliminare il dato ha un ruolo chiave. Estratto, lavorato, interpretato e servito con i giusti contorni, fa sì che l’output diventi iconico e rilevante» aggiunge, sottolineando l’importanza dell’attività del Data & Culture Lab di Amsterdam che, con un team di circa 20 talenti, serve tutti gli uffici di LePub nel mondo.

Francesco Poletti

Creatività, tecnologia e design sono i tre pillar dell’offerta di LePub, spiega Poletti. «Anche in passato Publicis Italy era nota per la forza del suo reparto strategico. Diamo ampio spazio al momento di lettura e interpretazione dei dati fin dall’inizio del processo creativo, fase a cui partecipa tutta l’agenzia. Un momento molto delicato e che fa la differenza, in cui ci prendiamo anche più tempo, e nel quale troviamo qualcosa di risonante, rilevante nella cultura su cui lavorare. Dopo questa attenta analisi, partiamo (o non partiamo affatto) noi del reparto creativo, a stretto contatto con gli altri due dipartimenti di tecnologia e design. In LeGarage lavora un team composto da ‘creature mitologiche’, metà creativi e metà ingegneri, che si occupano di product innovation e creatività fisica, in 3D. Nell’area design, ci si occupa invece della parte visiva di tutti i progetti creativi».

Il design in LePub è soprattutto ricerca di iconicità, grazie a un reparto ricco di eccellenze e talenti rientrati dall’estero. «È un team che viene attivato trasversalmente a tutti i progetti e che porta un approccio concettuale affine ma diverso rispetto al crafting dell’art direction – spiega Poletti -. È un approccio di design al 100% che applichiamo anche per rispondere al problema della perdita di distintività delle marche, in quanto asset importante per riappropriarsi del proprio posto nella cultura anche a livello visivo, ed essere conosciute e riconosciute». Rispetto ai classici progetti di branding che segnano tradizionalmente l’inizio della vita – o rilancio – di una marca, qui il design viene applicato in ogni momento di comunicazione.

Accanto alla rilevanza culturale, il modello di lavoro dà anche molta importanza agli aspetti di risonanza e vivacità. «Per risonanza intendiamo far risuonare il brand nella cultura e nella società, creando valore lungo tutto il percorso del consumatore. È un approfondimento della dimensione della rilevanza. E poi un altro aspetto è la vivacità, o vibrancy, strettamente legata alla topicality, all’attualità, che ci stimola a sfruttare nuove tendenze emergenti per attirare pubblico nuovo, a guardarci intorno sempre con le orecchie alzate per vedere che succede e per farlo fare ai nostri brand. Non funziona più la marca che ti dice quel che devi fare. Bisogna invece far vedere quanto questa sia vicina a quello che fa il suo pubblico» commenta il Chief Creative Officer.

‘Never seen or done before’ è quindi un altro modo per portare valore e riconoscibilità alle marche. Anche in questo caso, «non è la ricerca di un nuovo mezzo o canale, ma di un ampliamento della prospettiva dello spettro creativo, per trovare qualcosa di inaspettato da dire e da realizzare» spiega Poletti. «Non è nemmeno strettamente necessario andare a scovare qualcosa di nuovo. A volte è più rilevante ed efficace prendere un mezzo già noto a tutti e utilizzarlo in modo diverso e innovativo» aggiunge Arletti.

Costa Crociere ‘Live your wonder’

Alcuni esempi: al Festival di Sanremo, è stata trasformata la fiancata della nave di Costa Crociere nel display più grande al mondo (lungo 300 metri e alto 70) per lanciare messaggi, un’attività amplificata da un film con l’obiettivo di trasformare un’operazione di adv in esperienza di intrattenimento; le playlist di Spotify usate come timer per cucinare la pasta nella campagna ‘Playlist timer’ di Barilla; l’apribottiglie di Heineken ideato dal team di LeGarage che spegne i device della campagna ‘The Closer’ e, sempre per il brand, è stato inventato un frigorifero che rinfresca la birra ma anche i processori dei pc dei gamer; mentre per il dentifricio Marvis la bellezza dei pack ha ispirato un’esperienza sensoriale inedita che sfida la ripetitività della routine dell’igiene orale.   

Heineken ‘The Closer’

Un altro esempio eccellente di reinvenzione di un oggetto quotidiano è la recentissima campagna ‘Secondhand Box’ di Barilla per la Giornata Mondiale del Riciclo che, in collaborazione con la ‘regina del riordino’ Marie Kondo, propone di riciclare la scatola di cartone della pasta come confezione per spedire, ripiegati a dovere, gli indumenti di seconda mano, con tutorial dedicati a ogni dimensione e formato. «Anche questo non è advertising classico, ma mette al centro il pack iconico di Barilla, lancia un messaggio di sostenibilità e parla alle community del riciclo e delle piattaforme second hand» commentano Arletti e Poletti.

Barilla ‘Secondhand Box’

Partner di lungo periodo per le aziende italiane, purché intraprendenti. La nuova leadership continuerà a operare come fatto fin ora sia dal punto di vista della costruzione dell’impianto strategico, metodologia di lavoro, tensione all’eccellenza e ancoraggio dei brand al contesto sociale.

«Questo è ancora più valido per i clienti italiani: se un’azienda non ha la potenza di fuoco delle multinazionali, rischia di più di passare inosservata come una nave nella notte. Quello che hanno in comune i nostri clienti attuali e potenziali, globali e nazionali, è il condividere con noi l’ambizione di costruire marche rilevanti. Il tratto comune non è la provenienza o la dimensione, ma l’intraprendenza e il coraggio. Da un lato è funzionale esattamente al modo in cui noi lavoriamo, dall’altro è provato che una marca rilevante e in empatia con il suo pubblico può crescere fino a sei volte rispetto a chi non lo fa» spiega Arletti.

«Accanto alle aziende internazionali come Heineken o Adidas, tra i nostri clienti ci sono brand italiani con ambizioni globali, come Barilla. Far brillare nel mondo le marche italiane è un lavoro appagante anche per noi, un motivo personale d’orgoglio. L’approccio è lo stesso: se hanno l’ambizione di produrre un’immagine di sé rilevante e risonante, di esprimere eccellenza anche in termini di qualità nel crafting, di differenziarsi e osare un po’, allora i nostri pianeti si allineano» continua il direttore creativo.

Ma come facciamo a parlare di partnership di lungo periodo in un mercato che spesso lavora a progetto? «Ovvio che termini di medio-lungo periodo siano il modo migliore per creare la partnership giusta e mettere a sistema la fiducia reciproca. I grandi case study nascono così. Ma sappiamo anche che il mercato offre tipologie di ingaggio differenti. Sta a noi trasformare un lavoro a progetto in qualcosa che ha capacità per andare oltre, convincendo il cliente che una lunga partnership sia più fruttifera» spiega il CEO.

«Sto già riscontrando che marche e clienti inaspettati ci contattano per il livello del nostro output. La parola osare non deve spaventare, così come il nostro approccio che è fatto di dialogo, apertura e propulsione continua» aggiunge Poletti.          

F.B.

LePub Italy presenta la nuova leadership e si propone ai brand che mirano ad avere rilevanza culturale ultima modifica: 2024-03-20T11:03:56+01:00 da Redazione

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