Social e TV i mezzi preferiti per i progetti di branded entertainment, seguiti da YouTube ed editoria online, mentre cala l’uso dei canali proprietari
La passione al centro della 10ma edizione dell’Osservatorio Branded Entertainment (OBE) non è solo quella di pubblico e consumatori, ma anche quella delle aziende che affrontano questa leva di comunicazione molto sofisticata e complessa “applicando al branded entertainment a storie più profonde dei contenuti effimeri sbocciati sulla scorta della centralità del dato quantitativo”. Lo racconta Laura Corbetta, presidente di OBE oltre che CEO e founder dell’agenzia YAM112003, sottolineando la presenza di molte “aziende coraggiose” e le nuove direzioni aperte per questo settore.
La più importante per i brand, sostiene la presidente OBE, è la necessità di “aprire una riflessione su cosa consumatori e dipendenti chiedono alle aziende, un approccio non politico, anzi molto pratico a temi rilevanti come il cambiamento climatico”.
Un altro tema di cui si parlerà molto nei prossimi mesi, secondo Corbetta, è il mercato della cosiddetta creator economy, mondo che rappresenta un’opportunità per le aziende che sappiano usare creator e influencer in modo coerente con i valori del brand, meno per chi non si cura molto dell’intercambiabilità e non considera il brand entertainment per quello che è, cioè “una leva strategica molto sofisticata e complessa”.
Trend positivo. Il mercato del branded entertainment in Italia è stimato d OBE a quota 619 milioni di euro nel 2022, in crescita del 9% sull’anno precedente. “Veniamo da anni complicati, ma il 2021 e il 2022 sono stati incoraggianti e per il 2023 i segnali sono buoni”, aggiunge Corbetta a proposito di una prospettiva di crescita del 6%.
La ricerca, realizzata da BVA Doxa in partnership con RTI e presentata da Erik Rollini, consigliere OBE e managing director EssenceMediacom, riporta che il 70% degli investitori pubblicitari intervistati ha dichiarato di aver incrementato i budget per il branded entertainment; il 28% gli investimenti dedicati a questi progetti vanno oltre il 25% del totale investimenti.
Tra le aziende intervistate, l’84% ha dichiarato di averne realizzato almeno uno nel 2022 (+4 pp rispetto all’anno precedente), in particolare sui social (72%) e in TV (49%), mezzo quest’ultimo su cui si concentra il 36% degli investimenti, seguiti da YouTube (41%) ed editoria online (39%), mentre diminuisce leggermente l’utilizzo di canali proprietari o costruiti ad hoc (47%).
Spazi di racconto. Cresce il ricorso a influencer e creator (+13% rispetto al 2021) e l’attenzione per spazi di racconto più ampi come articoli redazionali (66%), eventi live (38%), tutorial (28%), cortometraggi (18%), comedy sketch (15%), web serie (14%), canzoni i video musicali (11%).
Nel contesto TV prevalgono i programmi di intrattenimento (65%), seguiti da talent o game show (25%), fiction e serie (21%), documentari e programmi sportivi (16%). Per la ricerca, oltre agli obiettivi più classici e tecnici come brand awareness (60%), consideration (54%) e image (52%), emergono anche motivazioni più “emotive” come la voglia di raccontare di più marca e prodotto (68%), associarsi a temi e valori specifici (53%), divertire e coinvolgere emotivamente il target (48%), emergere dall’affollamento pubblicitario (48%), raggiungere target nuovi o difficili (34%).
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Armida Cuzzocrea