La bellezza autentica è quella che si sceglie, ogni giorno. Dietro le quinte della campagna Dove #ChooseBeautiful

Lanciata poco più di un mese fa, si può definire la prima vera campagna globale del brand di Unilever, sia per la realizzazione che per la strategia media. Abbiamo intervistato il suo ideatore Luissandro Del Gobbo, Partner Creative Director di Ogilvy & Mather Chicago, che spiega genesi e portata dell’idea di fornire alle donne di tutto il mondo un’occasione per rivendicare per se stesse la scelta di definirsi belle

Come è nata questa idea creativa e come fa evolvere il percorso di comunicazione della marca che si è progressivamente spostato dal tema della bellezza autentica a quello dell’autostima?

Luissandro Del Gobbo
Luissandro Del Gobbo

«In realta il tema dell’autostima è sempre stato centrale nella comunicazione di questa marca e si è spesso intersecato con quello della bellezza autentica. I risultati di una ricerca finanziata da Dove nel 2004 misero in luce proprio questo nodo. Un’altissima percentuale di donne in tutto il mondo, pur essendo in grado di riconoscere e valorizzare la bellezza autentica, non stereotipata in altre donne, non riusciva poi a riconoscere quegli stessi caratteri di bellezza autentica in sé stessa.

Questa contraddizione è stata al centro di molto del lavoro di comunicazione della marca. La mia idea creativa però voleva andare oltre la semplice illustrazione di questa battaglia interiore. Credo infatti che la campagna #ChooseBeautiful segni un passo importante nella direzione di un coinvolgimento molto più forte delle donne spettatrici.

L’idea che ha informato tutta la campagna, tanto nell’esperienza reale condotta in giro per il mondo, quanto sulla piattaforma digitale creata a partire dal frame finale del film, è stata quella di fornire alle donne di tutto il mondo la possibilita di intervenire attivamente e in modo direi decisivo, in questo dibattito; di rivendicare a sé stesse e solo a sé stesse la scelta di definirsi belle».

Avete compiuto con l’azienda delle ricerche sull’efficacia della campagna e rispetto a quali KPI?

«Secondo i risultati consolidati a due settimane dal lancio questo è stato di gran lunga il video di marca piu visto dei primi 4 mesi del 2015 con 100 milioni di visioni, 4 miliardi di PR impressions, 125 mila social mentions e diverse centinaia di migliaia di condivisioni. 98% positive sentiment worldwide. Ultima nota che mi rende particolarmente fiero: nonostante la relativa lunghezza del film – 3:30”, la view-through rate è stata altissima, nettamente superiore alla media».

Oltre all’effetto virale, la campagna ha avuto una componente direct: la possibilità di sperimentare la sensazione di passare attraverso la porta cliccando su ‘beautiful’ o ‘average’ al termine del video. Che risultati avete ottenuto e cosa suggeriscono?

«Quella direct, e aggiungerei anche di activation, è stata senz’altro una componente  fondamentale della campagna. Le donne di tutto il mondo si sono sentite chiamate direttamente in causa. E la risposta è stata entusiastica. S

empre in due sole settimane più di mezzo milione di scelte on-line – oltre alle migliaia registrate in video (ci sono decine di ore di girato che ovviamente non hanno trovato posto nel montaggio finale) – con una percentuale altissima – intorno al 75% – che ha scelto di definirsi bella. E la piattaforma Tumblr che ospitava il counter globale delle scelte, l’UGC e ulteriori contenuti ha avuto piu di 3,4 milioni di visite nello stesso periodo con una permanenza media di circa 2 minuti e mezzo su sito.

Molti paesi dell’Asia poi hanno avuto valori di durata media di sessione senza precedenti: India 4 minuti, Giappone 4:15, Hong Kong 6 minuti (!), Tutti valori che sottolineano un engagement con la campagna molto superiore a quello registrato dalle campagne di qualsiasi altra marca, non solo dello stesso segmento, merceologico. Inoltre, è la prima volta che Tumblr viene usato in questa maniera innovativa, come piattaforma di una campagna globale.

Forse tutto questo non è stato percepito in Italia perché proprio nel nostro paese (come in Francia, ma per altri motivi) la campagna ha avuto un utilizzo estremamente limitato».

Dal punto di vita ‘media’, come la campagna è stata diffusa e alimentata? 

«Una cosa che tengo a precisare è che questa campagna è la prima vera campagna globale per Dove. Non era un esperimento condotto in uno studio e neanche in ambiente controllato. Siamo andati in giro per gli States, la Cina, l’India, UK e Brasile per condurre questa esperienza, una vera e propria ricerca sul campo, con donne reali.

L’aspetto globale, o se si vuole universale, dell’esperienza, tra le altre cose, ha spinto il cliente a utilizzare Youtube in modo differente dal passato: il film non è stato uploadato su un unico canale Dove ma su diverse decine di canali nazionali come Dove Brazil, Dove Mexico, Dove India, Dove Gulf, Dove US, Dove Turkey, Dove Japan, Dove Philippines, Dove Taiwan. Solo considerandoli complessivamente si ha la percezione delle reali dimensioni della campagna.

Riguardo a diffusione e alimentazione, la campagna è stata ovviamente seeded con bloggers e influencers nei diversi paesi dove è stata lanciata. Durante i primi 14 giorni è stato attivo un centro di monitoraggio a Londra, nei quartieri generali Unilever. Rich media sono stati usati per invogliare la partecipazione di donne da tutto il mondo».

Diversi media internazionali hanno mosso due appunti, riguardanti l’atteggiamento ‘prescrittivo’ di uno stato emotivo da parte della marca e l’utilizzare il tema dell’empowerment delle donne per ragioni commerciali. Si tratta di aspetti, soprattutto il secondo, che non appartengono solo a questa campagna specifica ma in comunicazione sono trend più che consolidati. Questo modo di comunicare è sempre efficace? 

«Quello dell’empowerment è un tema che Dove veicola da oltre un decennio. Credo di poter dire, in base ai risultati raggiunti dalla mia campagna, che sia una dinamica ancora molto apprezzata, se utilizzata in modo appropriato. Probabilmente è proprio il recente, massiccio ricorso a questa tematica da parte delle marche piu disparate, marche che molto spesso non sembrano avere nel proprio DNA un interesse autentico per essa, che sta cominciando a renderla un po’ sospetta ad una parte dell’audience.

Riguardo all’atteggiamento prescrittivo o patronizing, i pochi media internazionali che ne hanno parlato – in realta mi viene in mente solo il Guardian – l’hanno ascritto all’intera strategia di marca di Dove, includendo tutte Ie comunicazioni di marca precedenti. Qui posso solo dire che ci sarà sempre qualcuno che trovera inautentica una particolare strategia di marca; che sia open happiness di Coca Cola o real beauty di Dove o qualunque altra. Diventa, si direbbe, una questione di gusto. Poi, ovviamente, il gusto del giornalista di un media nazionale/internazionale ha un peso e una risonanza maggiori del gusto di un singolo privato cittadino. Ma questa è un’altra storia.

Un paio di altre testate hanno parlato di un’idea che sintetizzava l’annoso dibattito sulla bellezza femminile e sugli stereotipi ad essa legati in una semplice scelta. Questo, lasciamelo dire, è un grandissimo complimento. Trovo che sintetizzare tematiche complesse in un simbolo o in una metafora, sia operazione piuttosto complessa e sempre meritoria perche serve a fare chiarezza immediata, a sgombrare il campo da tutto cio che è accessorio. Dare a donne reali la possibilta di scegliere di sentirsi bella è qualcosa che nessuno aveva mai fatto prima. La possibilita di dichiarare la propria bellezza liberandosi del peso opprimente degli ideali di bellezza veicolati dai media è stata grandemente apprezzata sia dalle donne che hanno partecipato all’esperienza reale sia dalle donne che hanno interagito su internet.

Aggiungo che ho avuto la fortuna di essere presente quando le donne di fronte a quelle due porte hanno cominciato a rendersi conto che non c’era niente o nessuno li con loro che le obbligasse a scegliere diversamente da come volevano; da quello che sentivano giusto per loro. Ero li quando queste donne hanno compreso – ed è successo in ogni città – che finalmente era stata data loro una possibilita reale di dichiarare al mondo intero il proprio stato d’animo senza doversene vergognare e senza dover chiedere il permesso a nessuno. E ti posso assicurare che è stata un’esperienza davvero emozionante».

Ci puoi raccontare a quali altri progetti stai lavorando, sia su Dove che per altri brand?

«Al momento sto lavorando su alcuni progetti molto interessanti, non solo esperienziali e digitali ma anche “classici”, per diversi marchi del portfolio SC Johnson. Tra questi il piu noto in Italia è Glade. Un’altra opportunita creativa che cercherò di cogliere».

La bellezza autentica è quella che si sceglie, ogni giorno. Dietro le quinte della campagna Dove #ChooseBeautiful ultima modifica: 2015-06-09T11:35:30+02:00 da Redazione

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