Nel nuovo episodio degli approfondimenti WTFuture di We Are Social, Mauro Martino, Founder del “Visual AI Lab” presso IBM Research e Professor of Practice presso la Northeastern University, spiega le implicazioni che le intelligenze artificiali generative hanno per il marketing e oltre
Gli incredibili passi in avanti che stanno facendo le tecnologie di intelligenza artificiale generativa hanno portato tutto il settore del marketing e della pubblicità a chiedersi che impatto queste avranno sul loro lavoro. Solo il mese scorso è arrivata ChatGPT, con un livello inquietante di comprensione del linguaggio e ragionamento, e siamo appena all’inizio del suo sviluppo.
Così Luca Della Dora, innovation director, e Alessandro Sciarpelletti, direttore creativo We Are Social, hanno chiamato a spiegarne le implicazioni dell’AI generativa per i brand, il marketing e la comunicazione Mauro Martino, Founder del “Visual AI Lab” presso IBM Research e Professor of Practice presso la Northeastern University, il cui impatto può essere paragonato a quello di internet.
«L’AI generativa, con l’appiattimento della curva di apprendimento, ci ha fatto tornare la fiducia nella nostra creatività che avevamo da bambini, libera dal timore del giudizio altrui» introduce Della Dora. Grazie ai prompt testuali, la frizione tra il momento della generazione e quello della realizzazione dell’idea viene rimossa, ma questa è creatività? «Creativo è chi ha avuto l’idea o chi l’ha realizzata? Michelangelo mica l’ha dipinta da solo la Cappella Sistina, aveva 13 assistenti. Oggi i creativi, che non possono permettersi 13 assistenti, grazie ai nuovi strumenti possono compiere il loro lavoro più in fretta, ma la creatività non solo l’outcome, quanto l’input che diamo all’AI. Che, inoltre, non ha la capacità di capire quando qualcosa è buono o non lo è. L’AI insomma renderà più importanti altre parti della creatività, prima dell’esecuzione, come l’idea e la cultura che c’è dietro».
Restando in ambito marketing, comunicazione e intrattenimento le opportunità per il settore sono enormi, al di là dell’uso nella fase di brain-storming ormai comune nelle agenzie.
Secondo Martino l’investimento più intelligente e immediato che le aziende possono fare sull’AI è trovare dei partner, agenzie o freelance esperti, che sappiano customizzare per loro i tool messi a disposizione dai grandi provider. «Oggi l’estetica delle immagini prodotte con l’AI è ancora piuttosto standardizzata, piatta. Ma quanto più saranno approfonditi i nostri prompt, più potremmo avere un risultato vicino alla nostra estetica. Ogni brand vuole essere riconosciuto per il suo modo di esprimersi e comunicare. Il tuning è il prossimo step per portare il modello ad essere come lo vorremmo, facendolo evolvere in linea con l’estetica, il tono di voce e i valori dell’azienda». Tra le prime aziende che hanno iniziato a farlo ci sono Expedia, Kayak, Klarna e Instacart.
Nota bene, che non venga a nessuno l’idea di svilupparsi da sé una propria tecnologia, i costi sarebbero insostenibili, o cercare di internalizzare competenze che non potrebbero avere, ammonisce Martino.
I dati e la privacy sono un altro aspetto importante, basti pensare allo stop a ChatGPT da parte del Garante della privacy in Italia. «La quantità di dati impiegati nelle conversazioni, anche lunghe e interessanti, con ChatGPT è incredibile.
Una volta si diceva che bastavano 30 like sui social per rivelare tantissimo di noi, qui siamo abbondantemente oltre. Siamo di fronte a una profilazione psicologica che supera la conoscenza che abbiamo di noi stessi». E se questi dati fossero usati non per vendere merendine ma manipolare e indirizzare il consenso di massa, le conseguenze potrebbero essere molto gravi a livello politico e sociale.
Le opportunità in ambito entertainment sono interessanti: ogni brand, grazie alla sua AI customizzata e opportunamente allenata, potrebbe ingaggiare sul suo sito conversazioni brillanti e spiritose, sarebbe “come avere un comedian che fa battute 24 ore su 24, che sforna sit com, immagini e video personalizzati per ognuno, creando un mondo di entertainment, canali televisivi completamente generativi caratterizzati con il sapore di certi prodotti. Si apre insomma uno scenario di creatività mai visto prima» spiega Martino.
Al di là del marketing, gli effetti sulle persone sono ancora ignoti. Come la ruota che non ci ha fatto andare più a piedi, il gps che ci permette di viaggiare senza sapere la strada o lo smartphone di telefonare senza ricordare i numeri, anche l’AI avrà effetti sul nostro cervello. Prima di tutto bisognerebbe insegnare alle persone a preservare il loro senso critico e a interfacciassi con questi strumenti.
«Probabilmente avremo una vita più comoda e interessante, alcune attività manuali e pesanti non saranno più necessarie”, dal creare slide per l’ufficio a raccogliere i pomodori, quando queste tecnologie verranno applicate alla robotica, spiega Martino. “Quel che è certo, è che i low tech in questo mondo iper tech non avranno vita facile”.