Il workshop a IAB Forum si è concentrato sul ‘time-in-view’ e sul lavoro sui ‘valori aggiunti’ positivi
Andare oltre le impression e misurare l’impatto in base al tempo di durata delle view: è il concetto di time-in-view, già utilizzato da tempo in altri mercati e da publisher come il Financial Times che sta utilizzando il tempo come metrica cost-per-hour nell’advertising già dal 2015, e su cui Integral Ad Science ha aperto il dibattito con un workshop a IAB Forum.
Il panel ha coinvolto Pierluigi Cosco, Programmatic Group Director Publicis – PM Precision, Antonio Montesano, Head of Digital OMD, Domenico Pascuzzi, Marketing Director Italiaonline e Alberto Vivaldelli, Responsabile Digital UPA.
La società di analytics e misurazioni, che verifica 500 miliardi di impression ogni giorno e aiuta a costruire un ambiente ‘safe’ per l’advertising, già propone un report ‘Time-in-View’ con la misurazione del tempo durante il quale un’impression viene vista e nel corso del workshop ha mostrato quante altre possibilità si aprono per brand, agenzie e publisher.
Impatti positivi. Se fino a ora ci si è concentrati soprattutto sulla riduzione degli impatti negativi – dalle impression fraudolente alla brand safety – ora si può pensare di lavorare su ‘valori aggiunti’ positivi, con nuovi strumenti per misurare il performance lift, personalizzare la viewability e la sua ottimizzazione fino alla misurazione dell’esposizione dei consumatori, personalizzando ogni tipologia di obiettivo, hanno spiegato Elisa Lupo e Cecilia Vanoletti, rispettivamente Director Italy e Account Manager di IAS.
Obiettivi che corrispondono a quelli che UPA ha ampiamente definito nel ‘Libro Bianco del Digitale’ e alla necessità dei brand di avere metriche con cui collegare media e performance, ha ricordato Vivaldelli, e più in generale rappresentano per tutta la industry un’opportunità per spostare l’attenzione verso il tema di una qualità di contesto e attenzione in grado di mettere ulteriormente in primo piano la brand relevance.
Un tema, quello del time-in-view, per le agenzie media si collega anche a quello dell’affinità, mettendo in evidenza come l’analisi della fruizione dei diversi cluster incrociata con l’affinità con il prodotto e l’impatto della creatività possa aprire la strada all’uso del web nel suo massimo potenziale.
Il concetto di time-in-view non dispiace neppure a un publisher come Italianonline: secondo Pascuzzi la sua dinamicità, contrapposta all’unidimensionalità ingegneristica della viewability, permetterebbe di catturare tanti aspetti differenti delle audience consentendo agli editori di creare nuovi prodotti basati sulla variabile ‘tempo’ e nuove opportunità di business.
Prima che il time-in-view diventi una nuova currency, però, ci vorrà del tempo, sarà necessario che tutta la industry prenda coscienza di essere un ecosistema interdipendente e ci vorrà un certo sforzo di ‘educational’ affinché i brand – ma anche tanti grandi publisher – considerino il time-in-view come un’opportunità e non un problema.