Ogilvy ha indagato temi come il rischio delle fake news, l’evoluzione della comunicazione, la credibilità dei media tradizionali e dei social intervistando 350 giornalisti di tutto il mondo
Il segreto per far sopravvivere l’informazione è l’integrazione tra media tradizionali e social network. Lo dicono i risultati della Global Media Influence Survey di Ogilvy.
Il sondaggio, che ha coinvolto 350 giornalisti in tutto il mondo e 117 nell’area EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa), verteva su temi come il rischio delle fake news, l’evoluzione della comunicazione, la credibilità dei media tradizionali e dei social.
Buone notizie per il giornalismo tradizionale – secondo la metà (47,7%) dei reporter dell’area EMEA è ancora la fonte di informazioni ritenuta più affidabile –, ma attenzione a non “snobbare” i social media (benchè ancora oggi totalizzino un grado di fiducia inferiore al 10%), considerato che a livello globale fiducia nei media tradizionali è declinata del 22% dal 2016.
“Questi risultati confermano che la comunicazione integrata è la chiave per realizzare un’informazione che sia affidabile, trasparente ma anche fortemente accessibile ai cittadini – commenta Luca De Fino, head of content, social & pr di Ogilvy in Italia –. Ce ne accorgiamo nel rapporto quotidiano con i giornalisti e le testate che sempre di più hanno bisogno di ricevere dalle aziende informazioni e materiali declinabili su diversi canali, per andare incontro alle esigenze di un panorama di lettori sempre più variegato. Probabilmente oggi gli stessi giornalisti stanno finalmente iniziando a capire come non si possa più ignorare l’importanza dei social network: un medium che richiede un linguaggio diverso ma un controllo ancora maggiore per evitare, ad esempio, il rischio della divulgazione di fake news”.
Più di un terzo dei giornalisti dell’area EMEA (38,9%) ritiene infatti che per scongiurare il rischio di un’informazione scorretta e tendenziosa sia necessaria una maggiore integrazione tra media tradizionali e piattaforme di social network. E non si tratta solo di Facebook. Il 25,6% pensa infatti che i media dovrebbero diversificare le proprie collaborazioni, andando oltre quelli che sono i giganti del settore. La responsabilità nel garantire che l’informazione sia autentica, affidabile e trasparente, rimane comunque nelle mani delle maggiori piattaforme social (33,3%), mentre solo il 23,1% ritiene che il compito sia anche dei lettori.
Come si configurerà dunque l’evoluzione dell’informazione? Per 1 giornalista su 3 dell’area EMEA (29,9%), i social media in 1 o 2 anni diventeranno la principale fonte di informazione. Più cauti quelli del Nord America, secondo i quali ci vorranno dai 3 ai 5 anni (41%). Più della metà, inoltre, ritiene che la più importante innovazione ad interessare il settore sarà l’intelligenza artificiale (56,4%) e la sfida più grande quella di adattarsi ai cambiamenti socio-demografici dei propri interlocutori (38,1%).
Chi è già sulla buona strada nel processo di cambiamento? Sicuramente non i media locali in generale, che secondo il 63% degli intervistati devono modificare il proprio modello. Ci stanno provando la televisione (31%) e i notiziari (31,6%), mentre la carta stampata è ancora molto indietro (27,4%), contrariamente a quello che avviene oltreoceano (37,5%). Quasi la metà (46,2%), comunque, è concorde nel dire che non si smetterà di leggere: sia su un supporto stampato o sul feed dei profili social, questo rimarrà nei prossimi 5 anni il modo preferito per avvicinarsi al mondo dell’informazione.