Le aziende non tagliano più gli investimenti pubblicitari ma l’aumento dei costi è preoccupante. Da UPA due proposte al governo per sostenere mercato e consumi
Il primo semestre del 2022 si è chiuso in positivo, con un primo trimestre a +2,3%, ma guardando verso fine anno le stime di UPA sul mercato pubblicitario si riducono e scendono poco sotto lo zero. Ma se questo -1% viene visto come un segno di “stabilità e responsabilità”, le previsioni per il 2023 sono decisamente preoccupanti.
«Prevediamo un’inflazione superiore al 10%, dovuta non solo all’aumento del costo delle materie prime e dell’energia ma anche a dinamiche speculative – spiega Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente di UPA, nella conferenza stampa che precede l’assemblea -. I costi stanno aumentando in maniera significativa e noi aziende produttrici di beni di consumo non possiamo fare nulla, salvo fare la nostra parte per evitare, di concerto con la grande distribuzione, che i prezzi crescano troppo. Lo facciamo sacrificando marginalità e a fine anno faremo tutti bilanci peggiori, ma li faremo responsabilmente».
La pubblicità non si taglia. In questo frangente, continua Sassoli, la prima tentazione sarebbe quella di tagliare gli investimenti pubblicitari invece che agire sui costi strutturali. Ma nel tempo le aziende – quelle associate a UPA sono quasi 500, rappresentative del 90% degli investimenti pubblicitari quantificabili – si sono rese conto che la pubblicità non è un costo variabile ma fisso e che i tagli e il conseguente indebolimento dei brand si pagano nel lungo periodo.
«Secondo i dati della survey sottoposta la scorsa settimana ai nostri membri chiuderemo l’anno a -1%, con investimenti sopra gli 8 miliardi di euro – spiega il presidente di UPA -. Si tratta di una stima che indica sostanzialmente stabilità, in linea con altre previsioni tra lo zero e il +1%».
L’incertezza domina, ci sono aziende che stanno lavorando su 2-3 budget diversi e i piani variano di continuo a causa dell’aumento dell’energia, che cresce di settimana in settimana. «Questo è un anno di tenuta, di responsabilità. Abbiamo cercato di controllare e calmierare l’aumento dei prezzi, e come noi la gdo e i media, perché se questi aumenti si rovesciassero sui consumatori avvieremmo una spirale recessiva. Ma nel 2023 molti di questi nodi arriveranno al pettine».
UPA farà due proposte al governo per evitare il peggio e sostenere gli investimenti pubblicitari e i consumi. La prima è quella di reintrodurre un bonus fiscale sulla totalità dell’imponibile degli investimenti pubblicitari, non solo su quello addizionale, per sostenere non solo le marche ma anche i mezzi più deboli e che giocano un ruolo chiave nell’informazione, come editoria e radio. Il digitale, inteso come OTT, sarebbe escluso perché gode già di sufficienti benefici fiscali e domina il mercato con una quota del 70% della spesa media digital.
La seconda proposta è di azzerare l’iva su 200 beni di prima necessità per aiutare i consumi e le fasce più deboli, ad esempio su prodotti per bambini, per la casa, alimentari di prima necessità come pasta e riso (quest’ultimo, poi, danneggiato dalla siccità). “Non è uno sforzo impossibile, lasciamo al governo individuare quali beni includere nella lista”.
Gli investimenti sui mezzi vedono la tv in tenuta, in una posizione mediana; la radio in recupero; anche l’editoria in tenuta eccetto che per i periodici; il digitale cresce e anche l’out of home è in grandissimo recupero dopo la penalizzazione del covid con crescite di oltre il 50-60%. Il cinema vale molto poco e viene per lo più proposto in abbinata ad altri mezzi.
Lo spaccato per settori vede penalizzati l’automobile, che non ha prodotto da vendere, e l’alimentare, colpito dai rincari delle materie prime. Bene invece il settori della cura persona, abbigliamento, gdo, media, turismo, ecommerce e in generale tutto il mondo digitale. Aumenta l’importanza delle medie imprese, il tessuto economico dell’Italia che investe in pubblicità con obiettivi di medio lungo periodo, che per tanti versi stanno sostenendo il mercato compensando i cali dell’alimentare e dell’automotive.
Fronte ricerche, a giugno è stata presentata ad Agcom la proposta di riformulazione delle Audi – con una Audipress unita ad Audiweb con una vocazione più digitale e un’Auditel video-televisiva – e per il prossimo gennaio, con i dovuti tempi tecnici, Sassoli conta che possa venire alla luce la nuova ricerca. “Abbiamo superato le incomprensioni dell’anno scorso, con una divisione dei compiti più specifica rispetto alla proposta precedente, ed eliminato gli aspetti di contesa che avevano generato irritazione. Saranno poi i singoli editori a decidere da chi farsi misurare. L’importante è ottenere il dato omogeneo, comparabile e utilizzabile” dice Sassoli.
Anche riguardo alle misurazioni di Dazn il problema pare in via di risoluzione. “Le indicazioni dell’Agcom sono molto precise. Penso che Dazn sarà rilevato da Auditel in questa prima fase, da settembre, e poi dopo il riassetto delle Audi spetterà al broadcaster decidere da chi farsi misurare”.