Karim Bartoletti, giurato Film Craft Lions, parla degli spot premiati e dei problemi di differenti metodologie di lavoro. In Italia la cdp non è coinvolta dall’inizio come succede negli altri mercati
“L’inclusivita’, sempre piu’ rispetto a passato, ha caratterizzato i lavori premiati a Cannes quest’anno, anche in termini di Film Craft. Lo e’ il Grand Prix, una straordinaria ed eccezionale campagna, anche in termini di produzione dove buona parte del girato e’ reale e non artificioso e, ad esempio, lo e’ l’oro alla campagna Nordstrom, un inno alle diversita’ della gente, che sono poi gli stessi consumatori.”
A parlare e’ Karim Bartoletti, giurato italiano ai Film Craft, che ha raccontato questa faticosa ma incredibile esperienza: 8 giornate di lavoro (precedute da una preselezione da casa), 1900 entries visionate e portate poi a 1500 e quindi nuovamente selezionate per la short list e per le medaglie. Una quantita’ infinita di lavori dalle diverse durate, dai 60” piu’ classici a lungometraggi di 90 minuti, come l’oro ‘5B’ di Johnson&Johnson, dove il brand non si vede e compare solo come firma alla fine.
“La scelta del GP a NYT non ha comportato discussioni – ha detto Bartoletti – era il migliore. Stop. Anche dal punto di vista produttivo si riesce a percepire attraverso uno script semplice la complessita’ del lavoro del giornalismo. Bellissimo nell’idea, ma anche nel sound design, nel montaggio, nella direction. E’ un film dove l’idea e’ strettamente legata all’esecuzione e questo e’ il tema che penalizza l’aspetto produttivo in Italia. Una volta in tutto il mondo si procedeva scegliendo il tipo di craft e si lavorava per raggiungerlo, ora no: il craft nasce insieme alla campagna. Ma in Italia questo non succede. Il lavoro di produzione non e’ coordinato. La casa di produzione e’ vista come mero fornitore, ma non deve essere cosi’. Creativita’ ed esecuzione devono procedere sempre insieme, John Hegarty da sempre dice che una campagna e’ composta al 50% da idea e 50% da produzione, ma in Italia la produzione conta per un 30%. In Italia non diamo opportunita’ ai giovani registi italiani di crescere e si sceglie il regista seguendo la moda del momento. Ora fa figo la serie Chernobyl? Si sceglie quel regista, senza capire se e’ funzionale o meno al progetto. Il craft e’ produzione di un prodotto non esecuzione di un processo. Le competenze le abbiamo. Ma le impieghiamo male. E siamo a volte incapaci di presentare i lavori in modo corretto per una competizione importante come questa”.