Il CEO di OMG Marco Girelli è promotore di un percorso per allenare chi si occupa di comunicazione a una maggiore consapevolezza delle ricadute sull’ambiente e sulla società prodotte anche dall’industry della pubblicità
C’è un altro futuro possibile dopo l’accelerazione che il mondo sta vivendo, o forse subendo’, in questi ultimi mesi?
Nel chiudere l’OBE Summit 2020 Marco Girelli, CEO di OMG, ha proposto tre riflessioni prima di lasciare spazio al dialogo con Stefano Mancuso, professore ordinario presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Firenze e fondatore della Neurobiologia Vegetale, e Tommaso Valle, Head of Corporate Relations McDonald’s.
Con Mancuso il CEO di OMG aveva già dialogato a inizio 2020, nell’ambito di un percorso per allenare chi si occupa di comunicazione a una maggiore consapevolezza delle ricadute sull’ambiente e sulla società prodotte anche dall’industry della pubblicità. Una distribuzione ‘orizzontale’ delle responsabilità che, ha detto Girelli, potrebbe rappresentare una risposta alle fortissime pressioni che prima il covid-19 poi le proteste contro le discriminazioni stanno producendo sulle aziende, “non solo i nostri clienti, ma noi stessi come organizzazione. La gente ci chiede cosa facciamo per migliorare il mondo, sente l’emergenza, come la sentiamo tutti noi e per questo il purpose deve essere azione non più procrastinabile”.
La seconda riflessione di Girelli ha riguardato proprio le discriminazioni: “la gente non vuole più una ‘second life’, vuole essere riconosciuta per come è, non discriminata e non solo per il colore della pelle, ma anche la malattia o la disabilità”, ha aggiunto.
La terza riflessione ha toccato le organizzazioni tradizionali, verticali e gerarchiche che per Girelli sono “insopportabili e inaccettabili, disconnesse dalle radici, burocratiche, lente e contrarie a tutto quello che ci ha insegnato il digitale”.
Accennando al boicottaggio di tante aziende nei confronti di Facebook, il CEO di OMG ha suggerito di tenerne conto come “parte di ragionamenti e strategie future” perché è responsabilità delle brand sviluppare contenuti corretti, ricordando che la quarantena ha allargato a dismisura la platea di persone che si aggregano e condividono, consapevoli degli strumenti a loro disposizione per intervenire e far sentire anche la loro voce.