L’Osservatorio Branded Entertainment sta lavorando insieme a UPA per mettere a punto KPI dedicati a branded content e influencer
Nato come trend, l’influencer marketing è ormai cresciuto tantissimo e oggi sta vivendo una fase di razionalizzazione ed evoluzione. Ha bisogna di regole e criteri di misurazioni condivisi, ma soprattutto di essere integrato in modo strategico nel piano di comunicazione.
Abbiamo fatto il punto sul tema con Anna Vitiello, Chief Experience Officer di Fuse (Omnicom Media Group) e OBE Academy Director, e Anna Gavazzi, Direttore Generale dell’Osservatorio Branded Entertainment (OBE).
Content Strategy. «Se fino a poco tempo fa era usato tatticamente, oggi gli influencer vengono più frequentemente inseriti all’interno della content strategy – spiega Vitiello -. E’ cresciuta la complessità e oggi, noi come operatori, stiamo cercando di creare regole e strutture condivise. Per iniziare, segmentando la popolazione di infuencer, che sono personaggi diversissimi tra loro per capacità autoriale, talento, valori o anche solo come portata, dai vip ai micro influencer. La stessa scelta degli influencer dovrebbe partire da criteri oggettivi: alcuni nascono dalla definizione a priori degli obiettivi, altri da come la vita privata degli influencer si aggancia con coerenza al brand. In questo ecosistema complicato ci deve essere qualcuno che tira le fila. Questo ruolo può essere svolto dal centro media, che permette al contenuto di uscire dal singolo account social, oppure in progetti più semplici dallo stesso brand o dalla piattaforma di micro influencer».
Tralasciare la strategia può vanificare gli sforzi: non è detto infatti che se un contenuto funziona bene sia però anche efficace per il brand. Chiudere il gap strategico è fondamentale, se no si torna al placement vecchia maniera.
I ‘Woke-fluencer’, gli influencer legati a valori e cause sociali, sono un fenomeno specchio delle nuove tendenze che nel prossimo futuro avranno sempre più importanza. «I Millennial sono molto più attenti alle tematiche sociali e il 73% dei ragazzi della Generazione Z vorrebbe cambiare il mondo – spiega Anna Vitiello -. Quella dei ‘Woke-fluencer’ sarà una categoria che terremo sempre di più sotto controllo, man mano che gli smart brand cambieranno strategia e daranno loro più spazio».
L’influencer marketing ha una filiera molto articolata, in particolare nel campo dei contenuti musicali, aggiunge Gavazzi: “Bisogna lavorare con diversi soggetti ognuno responsabile di un pezzo del progetto ed è importante che ognuno faccia il proprio lavoro. Il concetto di brigata, ispirato alle cucine, è davvero calzante».
Definire un set di KPI condivisi è uno dei prossimi impegni dell’Osservatorio Branded Entertainment, spiega Anna Gavazzi «Stiamo lavorando con UPA da diversi mesi su KPI su misura sia per il branded content che per l’influencer marketing. Ora stiamo finalizzando il progetto e tra pochi mesi lo dovremmo presentare insieme».
Della crescita del mercato abbiamo detto, i dati aggiornati riguardanti il mercato italiano del branded content e branded entertainment verranno pubblicati in occasione della prossima edizione del Summit OBE, in programma il 14 maggio presso la Fondazione Feltrinelli.