La ricerca di Politecnico di Milano e Upa ha indagato il percepito nelle aziende della relazione tra brand equity e B2b, le barriere all’utilizzo, i trend di investimento pubblicitario e il ruolo dei canali
Il nuovo capitolo della collaborazione tra Politecnico di Milano e Upa avviato lo scorso anno con la ricerca ‘Branding e-volution’ ha esplorato il B2b e la misura in cui le aziende italiane utilizzano marketing e branding come driver di valore. I risultati dicono che qualcosa sta cambiando rispetto al passato, anche se non mancano le barriere al loro utilizzo, e le dinamiche si stanno lentamente avvicinando a quelle del B2c.
La ricerca, che ha visto anche la collaborazione di WebAds e The LinkedIn B2B Institute, ha indagato il percepito nelle aziende della relazione tra brand equity e B2b, le barriere all’utilizzo, i trend di investimento pubblicitario e il ruolo dei canali presso 240 rispondenti in 3 macro-settori (servizi alle aziende, servizi alle persone e manifatturiero).
I primi obiettivi di brand equity per le imprese B2b sono la ricerca di nuovi clienti e mercati (74%), la fidelizzazione (52%) e il presidio delle quote di mercato (47%), ma il comparto investe ancora poco: il 60% meno del 5% del fatturato, il 29% tra il 5 e il 10% e solo l’11% più del 10% del fatturato. Inoltre, il 68% dei rispondenti sono low spender, ovvero destinano meno del 30% del budget a iniziative per la costruzione del valore di marca e prevale un forte orientamento al breve periodo.
Multinazionali tascabili, ma con poca visibilità: così, ha ricordato Vittorio Meloni, direttore generale Upa, sono definite tante aziende B2b italiane, cruciali per l’economia considerato che l’Italia è il secondo paese manifatturiero d’Europa, tanto che Upa sta valutando partnership rivolte al B2b. Meloni ha però sottolineato che sta crescendo la consapevolezza dell’importanza della brand equity presso il 65% del campione, mentre il 63% considera sotto-dimensionato il livello attuale degli investimenti e il 67% dichiara che investirà di più. Meloni ha anche evidenziato che il mondo del B2b sembra “naturalmente votato al digitale”, ancor di più dopo che fiere ed eventi sono stati mortificati dalla pandemia.
Opportunità e barriere. Alberto Vivaldelli, Responsabile Digital Upa, e Nicola Spiller, School of Management del Politecnico di Milano, nel presentare la ricerca hanno evidenziato come si aprano “opportunità per dare una scossa al mercato della comunicazione”, ma anche le barriere agli investimenti. Primi fra tutti la scarsa conoscenza del valore della brand equity (44%), l’attenzione spasmodica agli obiettivi a breve (42%), la mancanza di competenze di marketing (34%), una certa disconessione dal linguaggio gergale del marketing e attività di misurazione di troppo corto respiro per misurare gli effetti del brand building (solo il 29% lo fa per più di 6 mesi).