We Are Social ha analizzato lo scenario del social gaming e le opportunità di comunicazione
Se pensate che i videogiochi siano una cosa per ragazzini chiusi a giocare da soli nella cameretta siete rimasti indietro. Oggi quasi tutti in ogni fascia d’età e genere – giocano 9 donne su 10 tra i 16 e 24 e lo fa il 67% delle donne tra i 55 e i 64 anni – possono essere definiti gamer, pratica che in mille modi diversi accomuna 2,7 miliardi di persone, 3 miliardi entro il 2023.
Ciò accade per l’abbassamento delle barriere d’ingresso, dato che oggi chiunque con in tasca uno smartphone può giocare, a casa o mentre è in giro, magari sui mezzi pubblici, facilitato anche della disponibilità dei giochi su cloud. Questo cambiamento ha reso il gaming un’industria che muove 200 miliardi di dollari di investimenti e genera più ricavi di musica e cinema messi insieme e l’ha trasformato in un enorme social network.
Social gaming. We Are Social ha infatti scelto di analizzare il tema soffermandosi sul valore sociale del gaming, visto che oggi le persone giocano non solo per il piacere di giocare ma per socializzare come sulle altre piattaforme social: questo grazie alle feature di socialità presenti nei videogiochi, alle piattaforme di streaming come Twitch, dove si crea un dialogo interattivo tra chi crea contenuti e lo spettatore, o di messaggistica come Discord.
«Definiamo come social gaming la capacità del gioco di generare conversazioni sul modo in cui le persone si connettono, discutono e creano contenuti, dentro e fuori dai giochi” dice Luca Della Dora, Innovation Director di We Are Social.
Il valore della community. Questa amplificazione avviene in buona parte sulla piattaforma di livestreaming Twitch, creando community che sono il suo vero grande valore spiega Nicoletta Besio, Sales Director Twitch Italy.
«Twitch non avrebbe lo stesso valore senza la sua community di 7 milioni di streamer e 30 milioni di spettatori al giorno in tutto il modo, il 70% dei quali ha una fruizione interattiva. A 10 anni dalla nascita Twitch ha il gaming nel suo DNA ma è molto altro, perché segue le tante passioni dei gamer, sport, intrattenimento, scacchi, cinema, musica o anche semplicemente ‘just chatting’, tematiche quadruplicate negli ultimi anni. L’interattività permette infatti alle persone di avere una relazione diretta con i propri idoli, siano cantanti, star del pallone o attori».
I brand che vogliono raggiungere Gen Z e Millennial si sono avvantaggiati da tempo delle funzioni interattive della piattaforma andando oltre la pubblicità tradizionale, non vista di buon occhio almeno fino a quando l’audience capisce che si tratta di un mezzo per finanziare gli streamer e i contenuti che amano. Funzionano molto meglio campagne personalizzate su streamer e contenuto come Pringles con ‘Frank the Zombie’, Porsche Formula E che ha fatto creare la squadra della community, Burberry, esempi di come gli investitori si siano ampliati da quelli endemici a praticamente tutti.
Tante le opportunità per i brand a patto di capire bene a che gioco stanno giocando, letteralmente: ovvero imparare le regole, capire i linguaggi, non interrompere, creare esperienze significative, che offrano una visione fresca e nuova, e soprattutto conoscere benissimo il settore, i titoli, i suoi protagonisti perché la community è super specializzata.
Alessandro Sciarpelletti, executive creative director di We Are Social, ha mostrato campagne realizzate per clienti come Lavazza, Vodafone, WWF, Global Pride.
«Un brand che entra nel mondo del gaming ha la possibilità di raggiungere audience nuove. Lavorando con i gamer, considerate figure aspirazionali dalla loro community oltre che una vera e propria professione, ci sono opportunità di posizionamento del prodotto grazie a una routine che fonde reale e virtuale. L’hanno fatto le operazioni Lavazza Voicy e Vodafone ‘Unlock the room’ presidiando fisicamente la gaming room, andando al di là della sponsorizzazione classica”.
La seconda opportunità è massimizzare la rilevanza culturale di alcuni fenomeni, visto che mondo reale e mondo virtuale vanno a coincidere, ad esempio risolvendo online una problematica del mondo reale come accaduto con la campagna Global Pride Crossing, avvenuta su Animal Crossing e amplificata su Twitter. Terza opportunità, supportare cause come ha fatto WWF France su Fortnite ormai tre anni fa.
Importante infine coinvolgere non solo gli hardcore gamer ma tutta la loro community, visto che su Twitch la community è importante tanto quanto i creator e aiuta ad amplificare la campagna al di fuori del gioco.