Tra 20 giorni circa dovrebbero arrivare entrambi i risultati. Coinvolte Nielsen, ComScore, Nextplora, Moat e GroupM
Santa Margherita di Pula – Prosegue l’impegno di Upa sul tema della trasparenza e della viewability del web. Dopo aver pubblicato insieme a Fcp e Assointernet le linee guida sulla viewability delle campagne online, entra ora nella fase operativa la ricerca sull’ad blocking annunciata tempo fa.
Upa vuole conoscere il profilo dell’ad blocker
Si tratta di un approfondimento rispetto alla ricerca avviata autonomamente da GroupM, e presentata a dicembre 2015: secondo i dati di allora, il 27% degli italiani adulti online aveva installato un ad blocker.
Ora si tratta di aggiornare i dati: la ricerca, che partirà operativamente oggi, avrà infatti una periodicità semestrale (ma potrebbe ripetersi 3 volte all’anno se si trovano tutti i fondi) per capire il trend di diffusione. L’obiettivo principale dell’indagine, come ha spiegato Giovanna Maggioni di Upa, a margine del convegno Linkontro Nielsen in Sardegna, “è quello di tracciare un profilo preciso di chi li installa. Per alcune aziende, scoprire ad esempio che un terzo della popolazione giovane non riceve messaggi commerciali su mobile o su pc è determinante per quanto riguarda la media strategy”.
Al momento, in fase di pre test delle campagne, non viene considerata questa situazione. Ma per Upa è meglio fare subito chiarezza. Non è tanto sul tavolo una questione economica, perchè le teste non raggiunte non vengono pagate dalle aziende, ma per ottimizzare fin da subito la pianificazione. Si tratta di un’indagine di sistema: oltre che da Upa e GroupM, la ricerca viene sponsorizzata anche da Fcp, Iab, Assocom e Fedoweb. I risultati dovrebbero arrivare entro una ventina di giorni.
Due campagne test per capire quali dati nel post
Una seconda ricerca targata Upa e Fcp, a cui si sono aggiunte poi Assocom e Iab, è invece partita da poco e riguarda un test su due campagne pubblicitare di 2 utenti differenti che verranno valutate da quattro istituti di ricerca, ognuno dei quali ha taggato i messaggi: Nielsen, ComScore, Nextplora e Moat. “In questo caso – ha precisato Maggioni – l’obiettivo è quello di fare chiarezza sui motivi che portano a discrepanze molto accentuate sui dati post valutazione dei diversi istituti”.
L’anno scorso alcuni associati di Upa avevano sperimentato autonomamente queste differenze, affidando la post valutazione a due istituti diversi e ottenendo in cambio dati differenti. Se piccole differenze possono essere accettate, distanze più marcate devono invece essere giustificate: dai diversi metodi (panel, etc) o attività/spazi misurati dagli uni ma non dagli altri. La pianificazione della prima campagna test è già partita, a breve sarà avviata la seconda. Anche in questo caso, i dati dovrebbero arrivare tra una ventina di giorni circa e verranno visti inizialmente in versione blind.
Sullo sfondo rimane poi la questione del traffico web generato dalle macchine (un tema molto sentito in Upa e di cui si discute da tempo, soprattutto dopo gli scandali in Usa e il caso di Mercedes) e su cui stanno indagando anche altre associazioni di aziende come l’Isba, l’Upa inglese, che ha parlato di “vere proprie macchine da clic presenti sul mercato”. E poi c’è il tema delle campagne che finiscono su siti indesiderati.
Al termine di tutto, Upa dovrà infine decidere lo standard di misura della corretta viewability. Attualmente è utilizzato lo standard Usa che prevede 1 secondo di visione e il 50% dei pixel scaricati per il formato banner e 2 secondi e il 50% dei pixel scaricati per il formato video. Ma in Italia si punta probabilmente a delle soglie leggermente più severe.