Francesco Guerrera, chief creative officer di Different, dopo aver testato e sperimentato Midjourney, raccontando l’estate scorsa a BrandNews cosa ha imparato, continua la serie di riflessioni dei direttori creativi sul loro rapporto con l’AI, sugli esperimenti fatti, i limiti etici, il governo dell’intelligenza artificiale e come immaginano l’agenzia del futuro
Qual è il tuo rapporto con l’AI?
Il mio rapporto è di enorme curiosità. Sono affascinato dalla capacità umana di trovare e implementare soluzioni innovative. Sulle AI in particolar modo sono un vorace sperimentatore.
E quello del tuo reparto?
Qui la risposta cambia, molti sono stati trascinati dal sottoscritto. Alcuni hanno ignorato, altri si sono lanciati insieme a me nelle più disparate sperimentazioni e applicazioni. Diciamo che si è scatenata, con quelli più entusiasti, una ricerca all’utilizzo più laterale e meno banale.
Su cosa e come l’hai sperimentata?
Direi un po’ su tutto. Dalle bodycopy in stile Bernbach ai visual molto difficili. Dai moodboard agli storyboard. Dai rubamatic alle voci per speakerare film o case movie … davvero no limits.
Immagini o testi, cosa funziona meglio?
Sarò onesto credo che non ci sia un meglio o peggio … anche perché stiamo parlando di esecuzioni dettate dalla mente umana. Quanto più tempo, energie, idee si discutono quanto più alta è la qualità dell’output.
Come si governa l’AI in un reparto creativo?
Io ho impiegato molto tempo a capire perché e come usare le AI generative. Solo dopo aver dedicato settimane alla comprensione ho scelto di fare un training al mio team. Ho creato un asset interno di formazione e abbiamo sperimentato insieme risultati e difetti proprio per ottenere dallo strumento il massimo.
E con i clienti?
Qui il discorso cambia, noi siamo sempre molto più avanti nella ricerca e nella sperimentazione, d’altronde ci pagano anche per questo. Vedo curiosità e tanta tanta ignoranza (nel senso che ignorano) rispetto alle potenzialità. Tempo fa ho letto dentro uno dei Channel di Discord questa frase: ‘To replace graphic designers with AI, clients will need to accurately describe what they want … we are safe!’.
Il punto vero è spiegare che il nostro lavoro è molto molto più complesso del semplice testo o immagini. Se siamo ancora a questo punto siamo messi male. Con la complessità dei mezzi, la policrisi e i continui cambi di rotta dei target davvero si crede che una AI possa avere quello che i sociologi chiamano il ‘senso comune’?
Quali sono i limiti etici?
Lascio questa risposta a chi li governa, io ho lavorato per i peggiori inquinatori del mondo in 25 anni di carriera. Non voglio passare per ipocrita. Dico solo che le regole servono per usare meglio qualunque strumento.
Come fai a stare dietro a tutte le novità?
Sono loro che mi inseguono, io ci gioco e mi diverto. L’unica cosa che non cambierà mai nella mia testa è la curiosità. Quello è lo strumento definitivo per un creativo. E anche un po’ di leggerezza non guasta.
Come immagini l’agenzia del futuro alla luce dell’AI generativa?
Il futuro è identico al passato, nasceranno nuovi ruoli, nuove figure … 15 anni fa parlare di Community Manager era quasi una blasfemia … 25 anni fa dire a un Art Director di usare Photoshop era follia pura … cicli che si ripetono e si ripeteranno. Il progresso è inarrestabile.