Gli investimenti saranno orientati allo sviluppo di nuovi servizi/prodotti e a raggiungere una maggiore efficienza produttiva. Il 23,6% pensa di affidarsi a partner esterni
Il 77% dei ceo italiani ritiene l’intelligenza artificiale un fattore importante o molto importante, ma secondo il 51,2% all’interno della propria azienda non c’è ancora chiarezza su cosa sia concretamente.
E’ quanto emerge da una ricerca realizzata da Sap Italia in collaborazione con The European House – Ambrosetti.
Il 77% degli intervistati ritiene l’intelligenza artificiale un fattore importante o molto importante per il proprio business, solo il 4,6% la considera non molto importante o poco importante. Il livello di percezione dell’importanza dell’IA cresce all’aumentare delle dimensioni aziendali, e quindi del grado di complessità da gestire: il tasso delle risposte “importante” e “molto importante” si attesta al 69% per le imprese al di sotto dei 50 milioni di euro di fatturato e sale fino all’89% in quelle al di sopra dei 500 milioni di euro.
Tuttavia il 51,2% dei business leader afferma che all’interno della propria azienda non c’è ancora chiarezza su cosa sia concretamente l’intelligenza artificiale. Questa disomogeneità nel grado di consapevolezza rischia di rallentare e rendere più complesso il graduale processo di implementazione dell’AI nelle diverse funzioni e attività aziendali. Una prima evidenza è che sarà quindi necessario un approccio “top-down” in cui il CEO avrà un ruolo guida nella promozione del cambiamento dal punto vista culturale, strategico e organizzativo.
L’IMPATTO SULL’AZIENDA – L’82,9% del campione ritiene che il ripensamento di priorità, compiti e responsabilità riguardi, in prima battuta, il responsabile dell’area innovazione tecnologico-digitale, ossia il chief innovation officer (CIO), il chief technology officer (CTO) o il chief digital officer (CDO). Seguono il responsabile di ricerca e sviluppo (61%), il responsabile di produzione (58,5%) e il responsabile marketing (56,1%).
Solo un terzo (il 33%) dei CEO ritiene di essere interessato da un cambiamento sostanziale: emerge quindi la percezione di una netta separazione tra la dimensione strategica e quella operativo-gestionale, con i capi d’azienda che tenderebbero a “delegare” la gestione degli aspetti legati allo sviluppo del’IA ai responsabili delle aree di Innovazione e Tecnologia.
Questo approccio esporrebbe le organizzazioni a una visone di breve termine sull’intelligenza artificiale. Per garantire la sostenibilità e la competitività del business nel medio-lungo termine è invece necessario che l’integrazione dell’IA sia prerogativa del vertici dell’azienda, con il compito di favorire la comprensione della portata delle sfide e delle opportunità legate a questa tecnologia.
I vertici aziendali sembrano interessarsi in maniera crescente alla sperimentazione di applicazioni per le funzioni cognitive delle macchine. Quasi la metà dei rispondenti (48,8%) dichiara che la propria organizzazione sta sviluppando soluzioni interne di IA, il 23% pensa di affidarsi a partner esterni, mentre solo l’11,6% del campione afferma di non essere interessato a investire in questa tecnologia nel prossimo triennio. Gli investimenti saranno orientati prevalentemente allo sviluppo di nuovi servizi e prodotti (40%) e al raggiungimento di una maggiore efficienza produttiva (36,4%).
GLI AMBITI – Per quanto riguarda gli ambiti di implementazione, oggi l’intelligenza artificiale è prevalentemente impiegata nel campo delle relazioni business-to-consumer e business- to-business, ma è potenzialmente applicabile a tutte le funzioni aziendali, secondo livelli diversi di intensità e complessità gestionale e tecnologica. La maggior parte dei business leader intervistati indicano le aree di magazzino e logistica (62,5%), servizi post-vendita e assistenza clienti (60%) come quelle in cui potranno dispiegarsi le maggiori opportunità mentre permane scetticismo sull’applicazione dell’AI nelle aree di amministrazione, finanza e controllo (33,3%), strategia (26,8%) e risorse umane (14,3%).