Secondo il report State of Digital 2018 di GroupM continua a crescere il tempo di esposizione ai media digitali che ormai hanno sorpassato anche la tv
Passiamo 9.73 ore al giorno a contatto con i media, in lieve aumento rispetto allo scorso anno. Ma soprattutto per la prima volta la maggior parte di queste ore sono dedicate ai media digitali, di più addirittura di quelle passate davanti alla tv lineare. L’online registra infatti una quota del 38%, mentre la tv lineare passa al 37%, stabili invece stampa e radio.
Lo rileva la nuova edizione del report State of Digital 2018 di GroupM che delinea i principali trend connessi al digitale.
Cresce anche il tempo dedicato agli acquisti online, che nel 2017 hanno generato nei 35 paesi presi in esame un totale di 2.105 trilioni di $ di transazioni, in crescita del 17%. Queste sono destinate a crescere ancora nel 2018 del +15%, raggiungendo un valore di 2.442 trilioni di $, pari a una quota del 10% sul totale retail.
Programmatic: facendo la media dei paesi analizzati nel 2017 il 44% degli investimenti display sono passati per transazioni programmatiche, in crescita rispetto al 31% del 2016, e proiettati verso il 47% per il 2018. La quota è minore per gli investimenti video, al 22% nel 2017 contro il 17% del 2016, proiettati verso il 24% di quest’anno.
Blockchain: Non ci sono ancora dimostrazioni pratiche della tecnologia che in teoria potrebbe garantire sicurezza ed eliminare sprechi e frodi. A complicare le cose per Adam Smith, Futures Director di GroupM, c’è è fatto che ogni computer collegato al ‘libro mastro’ digitale dovrebbe essere aggiornato continuamente e questo ad oggi è un processo troppo lento per il mondo reale. Il report ricorda anche che a luglio Mediaset ha avviato una collaborazione internazionale con Comcast e altri operatori per esplorare le applicazioni della blockchain al marketing.
AI: all’opposto l’intelligenza artificiale si sta dimostrando la tecnologia più efficace e scalabile per ottimizzare media e creatività nonché, tra le applicazioni future, combattere le frodi sorpassando i metodi attuali basati sulle regole.
Dati: c’è ampio spazio di miglioramento, nonostante l’enfasi posta sull’uso dei dati nel marketing. I clienti sono consapevoli del loro valore ma ancora impreparati al rischio di raccoglierli, gestirli e distribuirli. In più nei paesi più piccoli la disponibilità è scarsa e per lo più sono le aziende grandi a beneficiarne al meglio. Anche in Italia solo le multinazionali hanno sviluppato la propria DMP per gestire i propri dati nel crm e solo alcune di queste hanno sviluppato modelli di attribuzione per valutare il media mix. Negli Usa invece il settore è molto più avanti e la maggior parte dei clienti usa i dati di prima parte per attivare i media digitali, nonché nelle attività a performance e nell’ecommerce soprattutto nei settori auto, viaggi, ospitalità, banche e a volte i supermercati.
Concorrenza nei video digitali: posto che le misurazioni delle audience dei video premium sono ancora inadeguate GroupM ha chiesto di valutare la share degli operatori tradizionali vs i nuovi player. La stima vede i primi concentrare i 3/4 del tempo speso sui video ma solo il 29% del tempo sui video online.
Metrics & viewability: GroupM sostiene da tempo che la pubblicità debba essere 100% in-view e/o in-hearing, tuttavia in un ambiente mobile si può contestare che tale standard possa risultare troppo intrusivo per la UX. Qualche miglioramento si registra sulle misurazioni delle audience video omni-piattaforma.
In-housing: di portare la comunicazione all’interno dell’azienda se ne parla più di quanto in realtà succeda, ma in alcuni mercati si trovano clienti che gestiscono in prima persona la strategia e delegano l’esecuzione alle agenzie. Per la maggior parte dei casi si tratta di grandi clienti e delle funzioni più semplici legate al programmatic.
Prezzi in rialzo: succede per i contenuti premium e a prova di frode, per la scarsità di inventory misurabili, e anche per le misurazioni ancora carenti degli OTT e piattaforme mobile.