L’analisi del report ‘This Year Next Year’ di GroupM conferma le stime a livello globale, con una crescita del 8,4%, nonostante incertezza e instabilità dovuti a guerra, inflazione e supply chain
Con una crescita del 8,4%, al netto della pubblicità politica Usa – poco meno del +9.7% stimato a dicembre -, a livello globale l’andamento del mercato pubblicitario sta andando meglio di quanto ci si potrebbe immaginare, a dispetto della guerra, dell’inflazione e dei problemi alla catena di forniture. Ma purtroppo, l’Italia fa eccezione.
A dichiararlo è GroupM nell’edizione di giugno del report ‘This Year Next Year’ che offre un’analisi macroeconomica sulle diverse forze che stanno plasmando il mercato e i trend di settori merceologici e media.
Nel nostro paese una serie di fenomeni hanno raffreddato le stime per il 2022: dal +5% previsto alla fine del 2021, e anche malgrado i segnali positivi di inizio anno, a un andamento attuale intorno al +1%. Un risultato frutto del clima di totale incertezza sia macroeconomica, che relativa alle decisioni sui budget pubblicitari da parte dei clienti, emersa all’inizio della crisi proprio nel momento in cui sono state elaborate le stime di ‘This Year Next Year’.
Come spiega Federica Setti, Chief Research Officer di GroupM Italy, “la volatilità che sta caratterizzando l’anno ci porta a leggere i segnali del mercato pubblicitario in maniera dinamica e continuativa. L’andamento altalenante di questo ultimo periodo e la tenuta del mercato pubblicitario potrebbero portare a un 2022 più positivo di quanto avevamo inizialmente ipotizzato qualche settimana fa, con conseguente revisione della nostra stima. Iniziamo a parlare di decelerazione piuttosto che di vero e proprio declino del mercato rispetto all’anno passato. Tuttavia, al di là della crescita dei prezzi al consumo, della carenza delle materie prime e di una guerra che, purtroppo, è stata relegata ai confini dei nostri interessi, i fattori che più ci preoccupano restano la crescita dei tassi e il rialzo del costo del denaro, che potrebbero accelerare quel fenomeno di stagnazione economica ancora all’orizzonte”.
Secondo Brian Wieser, Global President Business Intelligence di GroupM, e Kate Scott-Dawkins, Global Director Business Intelligence di GroupM, che hanno presentato i dati in un’anteprima riservata ai media di settore, su questa decelerazione del mercato italiano hanno influito anche la diminuzione degli investimenti delle PMI, il balzo sconcertante del costo dell’energia e la diminuzione della capacità di spesa da parte dei consumatori.
I principali paesi dell’area Emea, che cresce del 8.5%, registrano andamenti positivi: c’è un Regno Unito tonico – primo mercato pubblicitario europeo con una quota del 29% di tutta quanta l’attività generata nella regione – che cresce del 9.3% rispetto alle già positive stime precedenti di +7.3%; una Germania altrettanto dinamica (+9.1% vs 7.3% stimato a dicembre) e la Francia che cresce dell’11.1% rispetto al 5,1% stimato prima. Per contro la Spagna riduce, ma di poco, le stime con un +10,6% rispetto a +11.7% di dicembre.
Nel resto del mondo la situazione è “not bad” per Wieser secondo cui, nonostante le aspettative basse per l’instabilità e le preoccupazioni, gli indicatori economici presi in considerazione hanno retto: disoccupazione a bassi livelli, elevato risparmio da parte delle famiglie, tanti nuovi business che nascono ogni giorno, tassi di interesse in aumento ma comunque ancora ai minimi storici. Insomma, appare giustificata l’aspettativa di una decelerazione della crescita economica senza declino e, laddove verranno tagliati gli investimenti pubblicitari, altri li compenseranno.
Nei prossimi cinque anni l’India dovrebbe crescere a doppia cifra, mentre per molti mercati si prevede una crescita a una sola cifra: elevata per Francia, Germania, Brasile e Canada, un po’ meno per Stati Uniti, l’Australia e il Regno Unito, mentre la Cina dovrebbe crescere poco, a singola cifra.
I primi cinque big player della pubblicità nel 2021, un gruppo che comprende Google, Facebook, Alibaba e Bytedance, hanno generato 408 miliardi di dollari in termini di ricavi pubblicitari, pari al 53% del totale adv globale.
L’analisi per media vede il digitale – in senso ampio, che include anche le estensioni digitali dei mezzi tradizionali – a quota 617 miliardi di dollari nel 2022, pari al 73% del suo totale. Rallentano le piattaforme digitali pure-play con una crescita del 12% rispetto al 30% dello scorso anno.
La TV crescerà del 4% nel 2022. Mezzo sempre più globale come mai lo era stata in passato, con la maggior parte dei servizi di streaming Usa che continua a investire fortemente nei contenuti in lingua locale mentre si sposta sui mercati esteri. Le tv connesse, però, tenderanno a conquistare quote di budget già esistenti anziché attrarne di nuove nella industry. Secondo l’analisi di GroupM, sebbene la televisione rimanga migliore di molte altre alternative con cui soddisfare gli obiettivi di reach e frequenza, la sua sempre minor efficacia incoraggerà i marketer a esplorare strategie alternative.
L’Out of home crescerà del 12% man mano che i vari paesi si sono avvicinati o stanno per superare i loro livelli pre-pandemici. Una generalizzata fase di ripresa, che porterà il comparto a superare i volumi del 2019 nel 2023.
Qui tutti i dettagli dell’edizione di giugno di ‘This Year, Next Year’.