La novità di Omnicom Media Group è resa possibile grazie alle soluzioni della società di analytics australiana Amplified Intelligence, i cui dati verranno integrati nella piattaforma Omni, e alla fiducia del cliente SC Johnson
All’inizio sono stati gli editori – capofila il Financial Times – che per valorizzare la propria inventory hanno iniziato a mettere l’attenzione al centro della misurazione dell’efficacia della pubblicità. Ora anche Omnicom Media Group ha avviato un nuovo progetto volto proprio a valorizzare la pubblicità a cui il pubblico presta effettivamente attenzione, un passo oltre il semplice posizionamento ‘in view’: il fatto che una persona abbia davanti agli occhi un messaggio non vuol automaticamente dire che ci stia facendo caso.
La novità, raccontata da Ad Age, è resa possibile grazie alle soluzioni della società di analytics australiana Amplified Intelligence, i cui dati verranno integrati nella piattaforma Omni, e alla fiducia del cliente SC Johnson, che sarà il primo a sperimentare questo nuovo metodo sulle campagne di diversi brand. Indubbi i vantaggi della misurazione dell’attenzione: ridurre lo spreco di budget e aumentare il ritorno sull’investimento in testa, tanto che in OMG prevedono che quella della misurazione dell’attenzione sarà uno dei punti caldi dei prossimi upfront.
Ma come fanno agenzia e brand a differenziare una impression che cattura l’attenzione del pubblico rispetto a quella che invece passa inosservata? Il metodo, avvisa Ad Age, è piuttosto intrusivo benché rispettoso di tutte le normative sulla privacy, grazie al consenso informato e richiesto per ben tre volte a quelle 3.000-5.000 persone che fanno parte del panel. Queste devono infatti installare un’API sul proprio smartphone che, attraverso la telecamera, monitora quali pubblicità vengono guardate e quanta attenzione viene prestata. In casa invece viene posizionato un device che misura l’attenzione dedicata agli spot sulla tv lineare.
Per misurare l’impatto dell’attenzione sull’intenzione d’acquisto, i panelisti esposti alla pubblicità vengono poi invitati a partecipare a una simulazione di shopping virtuale nella quale devono esprimere la preferenza per un brand piuttosto che per un altro. La tecnologia traccia anche i movimenti degli occhi della persona, valutando se siano diretti effettivamente verso la pubblicità o meno, distinguendo l’attenzione attiva dall’attenzione passiva e tanto più dalla mancanza totale di questa, se il viso dell’utente non è rilevato affatto.
Secondo Amplified Intelligence l’attenzione ‘attiva’ ha infatti una correlazione di 0.83 (su una scala da 0 a 1.0) con la ‘disponibilità mentale’ del brand, fattore decisivo per l’intenzione d’acquisto. Ma al di là dei secondi di attenzione, un ruolo chiave lo hanno il medium per attirarla là dove serve e la creatività per mantenerla.