Per la ricerca, il 73% dei contratti generati da una gara dura solo 1 anno e ancor meno, il 31% è su un progetto e la quota più consistente (42%) dura appena 1 anno, solo il 16% arriva a 2 anni di durata e appena l’8% raggiunge i 3 anni
Uno dei momenti più attesi dell’appuntamento ‘Comunicare Domani’, ieri in Università Bocconi a Milano, è stata la presentazione dei risultati della ricerca condotta dal Centro Studi sul tema delle gare.
Annunciata nel settembre scorso e realizzata in collaborazione con The Great Pitch Company sotto la direzione di Marianna Ghirlanda, Presidente del Centro Studi UNA e Ceo di Bbdo Italy, la ricerca ha coinvolto 143 agenzie e diversi esperti di procurement.
I risultati, a cominciare dalle cifre, hanno fatto emergere “dati significativi sulle dinamiche delle gare e sulle implicazioni economiche per le agenzie”. Per quanto rappresentino un’importante opportunità strategica per le agenzie, le gare comportano anche una spesa rilevante. “Con un costo medio di 33.947 euro per partecipare a una singola gara (per persone e costi diretti, ndr) e un valore atteso di 139.796 euro (in termini di fatturato, ndr), le agenzie dedicano risorse significative a questi processi. Tuttavia, è necessario chiedersi se tali investimenti non sottraggano tempo e capitale a progetti alternativi potenzialmente più sostenibili o vantaggiosi”, ha affermato Ghirlanda. Se il numero delle gare diminuisse del 20%, ha aggiunto, “avremmo maggiori risorse per formazione e innovazione”.
Il costo medio differisce a seconda della practice: le gare creative sono stimate a 33.725 euro, quelle media a 48.638 e quelle PR a 24.708, il che corrisponde – sempre in media – un investimento medio annuale per struttura di 404.700 euro per quelle creative, 583.656 per le gare media e 296.496 per quelle PR, portando l’ammontare annuale a superare i 58 milioni di euro. Senza contare i costi “indiretti” delle gare che la ricerca riassume nelle principali preoccupazioni per le agenzie: svalutazione del servizio (61%), riduzione del focus (51%), calo di motivazione (44%).
“La pressione continua di partecipare a numerose gare solleva inoltre preoccupazioni sulla svalutazione del servizio e sulla perdita di motivazione dei team, indicando l’urgenza di ripensare il sistema per creare condizioni di valore per tutte le parti”, ha aggiunto Ghirlanda. Per altro, il 73% dei contratti generati da una gara è di solo 1 anno e ancor meno, il 31% dei contratti sono su un progetto e la quota più consistente (42%) dura appena 1 anno, solo il 16% dei contratti arriva a 2 anni e appena l’8% raggiunge i 3 anni.
Rendere più efficiente il processo. La ricerca ha messo a fuoco alcuni passaggi che potrebbero rendere più efficiente il processo di gara: brief con obiettivi chiari – per le agenzie solo il 35% delle aziende riesce a esprimerli – in base alle linee guida contenute nel manuale ‘La Buona Gara’ messo a punto nel 2019 da UPA e UNA; un minor numero di partecipanti (nel 52% dei casi non è condiviso o superiore a 5 agenzie coinvolte); avere un budget chiaro come componente essenziale del brief (il 56% delle aziende non lo ha, ulteriore elemento negativo nel processo di gara); prevedere contratti di più lunga durata e una clausola di rimborso in caso di mancata assegnazione/cancellazione (1 agenzia su 4 ritiene che oltre il 25% delle gare non raggiunga la fase di assegnazione); prevedere un rimborso, che non include il trasferimento di proprietà intellettuale (oggi il 96% delle gare non ha alcun rimborso).
Attenzione all’incumbent. Le gare a difesa del conto rappresentano meno del 20% del totale (il 19,2% ha partecipato come incumbent) ma sono 1 su 4 per le agenzie media. Il tasso di conversione per i non-incumbent è del 37% per le agenzie creative e del 38% per le agenzie PR, contro il 51% per le agenzie media, per cui UNA raccomanda un buon lavoro di intelligence preventivo