We Are Social ha approfondito l’argomento con il gamer Pow3r, che ha collaborato con Vodafone per la campagna ‘Home of the Unstoppable’
Che il gaming sia oggi intrattenimento di massa è un fatto ormai consolidato, con un impatto enorme sul mercato e un valore di 200 miliardi di dollari, lo stereotipo del gamer geek chiuso nella cameretta è ormai più che desueto e le collaborazioni con i brand sono ormai all’ordine del giorno. Alla luce di tutto ciò, e sulla scia di svariate case history – con Lavazza e Vodafone, solo per citare le ultime -, We Are Social ha voluto approfondire l’aspetto della collaborazione dei brand con gli influencer del settore gaming, i gamefluencer.
«I gamer oggi sono una figura aspirazionale, alla stregua di musicisti o atleti. Hanno la capacità di creare community, co-creare con i brand e co-esistere con tutto quello che vive nel mondo circostante – spiega Luca Della Dora, Innovation Director di We Are Social -. Quello che succede nei videogame poi raramente resta là, ma si amplifica altrove. E per coinvolgere attivamente le audience servono i gamefluencer, un fenomeno enorme non solo per viewership ma anche per coinvolgimento. Abbiamo verificato con uno studio che le community legate ai gamefluencer sono molto fedeli: chi utilizza piattaforme come Twitch dichiara di credere e di fidarsi delle raccomandazioni dei gamer di più rispetto che agli influencer tradizionali (66%, +7 punti rispetto a questi ultimi)».
Ad approfondire l’argomento l’agenzia ha invitato Giorgio Calandrelli, altrimenti noto come “Pow3r”, che su Twitch conta 2 milioni di iscritti. Pow3r è stato protagonista della campagna ‘Home of the Unstoppable’ per Vodafone, che ha coinvolto la community sia a livello virtuale che fisico attraverso due eventi a Lucca e Milano.
Per arrivare a ideare e produrre la campagna Calandrelli ha avuto un confronto piuttosto acceso con brand e agenzia, “ci siamo scannati per mesi per creare un progetto che potesse essere percepito come divertimento ed esperienza” e non come un rapporto mercenario. «Ci abbiamo lavorato a 4 mani, io con la mia agenzia e We Are Social, per presentare a Vodafone un progetto che la gente sentisse come proprio e originale. Molti brand hanno sbagliato entrando nel gaming, perché è un mondo che va velocissimo. Bisogna sbloccare budget, uscire dalla comfort zone, svecchiarsi. Ad esempio, uno dei problemi principali per i brand è la violenza nei videogiochi, ma nessuna marca si è mai lamentata per quella che c’è in 007 o in qualunque action movie, anche alla luce dell’evidenza che non c’è correlazione tra violenza reale e videogame”.
La community gioca un ruolo chiave e la fortuna – e bravura – per Giorgio Calandrelli è stata l’aver creato un dialogo che porta conversioni. «Le mie conversioni e awareness nell’advertising sono alte perché la mia community ha imparato a fidarsi. Rifiuto sponsorizzazioni che vanno contro i miei principi e i miei gusti» ha spiegato. Mentre se la partnership funziona, i brand possono raggiungere clienti inaspettati. Ad esempio nel 2021 Pow3r ha creato dei prodotti per Driade che tante persone hanno comprato nonostante il costo impegnativo. Lo stesso vale per la moda, dato che durante la Milano Fashion Week il gamer ha assistito ad alcune sfilate.
Il consiglio ai brand, dunque, è di valutare le collaborazioni molto attentamente. «Molti vengono scottati dal nostro mondo, che a volte vanta numeri altissimi ma genera poche conversioni. E uno dei problemi sono le agenzie che cercano di guadagnarci su più soldi possibili nel più breve tempo possibile. Inoltre i brand, specie se non sono endemici, devono prepararsi ad accettare dei compromessi. Quello che può sembrare loro giusto, in linea con le loro guideline, può come niente scatenare una shitstorm. In definitiva, per creare una sinergia perfetta tra brand e gamer, è importante costruire la campagna rispettando il target e la community a cui si rivolge. È la fiducia che porta ad avere risultati e credibilità».