Il nuovo Annual dell’Adci presentato a Milano con i contributi di Barbella, Testa, Piepoli e Ferrara
Ha una forma nuova – e bella, con l’edizione di Skira in italiano e inglese – l’ultimo Annual dell’Adci, presentato ieri sera a Milano. Intitolato ‘L’Austerità creativa nella comunicazione di oggi’, raccoglie il meglio della produzione intorno a un discorso a dodici voci che cercano di raccontare il presente della pubblicità italiana. Un limite è il suo costo, 65€ poco accessibili ai più giovani e infatti Massimo Guastini, presidente Adci, promette che il prossimo sarà in formato digitale, per ridurne drasticamente il prezzo.
L’Austerità creativa è stata presentata ieri a Milano da Pasquale Barella, Massimo Guastini, Till Neuburg e Annamaria Testa con Paolo Ferrara (Terre des Hommes), Nicola Piepoli e Lorella Zanardo e raffrontata a un contesto stereotipato, quello della comunicazione italiana che, nella sua gran parte, produce immagini deleterie. Tanto che Ferrara ha chiesto di “iniziare a considerare la comunicazione commerciale come parte integrante degli indicatori della responsabilità sociale delle aziende, valutando l’inquinamento cognitivo prodotto dalla pubblicità alla stessa stregua di quello da CO2”.
Austerità creativa. «Quando i periodi sono così magri, rimane solo la creatività per risolvere i problemi, cioè in maniera inaspettata»: Pasquale Barbella, anima di questa ‘Austerità creativa’, dice che l’Annual vuole portare una piccola speranza perché contiene esempi di pubblicità virtuose, esercizi di immaginazione che, invece di cercare soluzioni surreali, danno segnali di adesione razionale ed etica al momento che attraversiamo.
Pubblicità migliore dei programmi che interrompe? È ancora vero quanto Aldo Grasso aveva scritto della pubblicità italiana, cioè che è migliore dei programmi che interrompe? Il sondaggio che l’Istituto Piepoli ha realizzato su un campione di 500 persone adulte, dice di no. Per un quarto del campione il giudizio è del tutto negativo, e il 40% dice che è decisamente peggiorata. Un “imbarbarimento”, lo ha definito Piepoli che non sarebbe dovuto solo a ragioni economiche.
Grandi speranze. Per Lorella Zanardo, che nel marketing (Unilever) e nella pubblicità ha costruito la maggior parte della propria carriera prima del documentario di denuncia ‘Il corpo delle donne’ e oggi impegnata nella diffusione dei corsi di alfabetizzazione mediale ‘Nuovi occhi per la Tv’, una pubblicità migliore è possibile. Ma è necessario educare le ragazze e i ragazzi – ci sono paesi in cui ‘media education’ è una materia obbligatoria nel curriculum scolastico – a leggere il linguaggio della televisione. E se oggi l’Italia è ancora in 80ma posizione nella classifica Gender Gap del World Economic Forum, il futuro potrebbe essere presto migliore visto che, dice Zanardo: «i ragazzini sono molto più ‘europei’ dei loro genitori e che tra poco le pubblicità negative per l’immagine della donna non produrranno più vendite».
E Annamaria Testa, riconoscendo che per due decenni “noi pubblicitari abbiamo rinunciato alle buone pratiche della nostra professione”, crede ancora che sia possibile – o quanto meno che ci si debba provare – “costruire un nuovo, positivo immaginario collettivo per il Paese”.