Secondo la nuova ricerca di BVA Doxa crescono gli ascoltatori di podcast – quasi 15 milioni di persone, il 15% in più yoy -, che diventano più esigenti, ma cala il ricordo delle marche
Quasi 15 milioni di persone, il 15% in più rispetto allo scorso anno, hanno ascoltato un podcast nel primo trimestre del 2023. Di questi, 8 milioni sono ‘engaged’ perché li ascoltano almeno ogni settimana e 5,4 milioni sono ‘hunter’ che li cercano attivamente. Lo dice la ricerca dell’Osservatorio Branded Entertainment realizzata in collaborazione con BVA Doxa per fotografare lo scenario del brande podcast in Italia.
Una crescita quantitativa e qualitativa, ha sottolineato Anna Vitiello, Direttore Scientifico di OBE, e che – rispetto all’edizione precedente – segnala alcune interessanti novità. Tra queste, il ruolo di YouTube, sempre più ‘entry point’ per i nuovi ascoltatori (con il 16% di quota, dietro il 53% di Spotify e il 34% di Amazon Music), l’ascolto in auto che supera quello da pc, un’offerta di tematiche segmentanti che rispondono alla forte curiosità degli ascoltatori, una grande flessibilità riguardo ai formati.
Tribù di ascoltatori. Un approfondimento, realizzato da Erik Rollini, consigliere OBE e managing director Essence MediaCom, ha messo a fuoco le 3 tribù in cui si suddividono, quasi equamente gli ascoltatori: il 36% (5,4 milioni) è costituito da ascoltatori attenti, che cercano e consigliano podcast e li ascoltano almeno 2/3 volte la settimana; il 33% (4,9 milioni) sono coinvolti dall’ascolto più volte durante il mese; il 31% (4,6) è fatto da curiosi che cercano intrattenimento e informazioni. Tutti sono attenti all’advertising, soprattutto se li aiuta a scovare nuovi podcast, molti sono sempre più sofisticati e chiedono prodotti di alta qualità: il 23% degli ‘hunter’ si dice scontento dell’offerta, quota che sale al 50% tra gli ascoltatori occasionali. Una voce, per quanto bella, non basta più e cresce l’attenzione nei confronti della scrittura e della realizzazione tecnica, a cominciare dal sound design, che – se non soddisfatti – sono motivo di abbandono.”Annoiarsi non è neutrale”, ha sottolineato Vitiello, perché ha riflessi negativi sul brand.
Cala il ricordo. Altra novità dell’edizione di quest’anno nello scenario del branded podcast è il calo del ricordo. Se il 75% degli ascoltatori ricorda gli inserimenti pubblicitari, in lieve calo rispetto al 2022, la sponsorizzazione di un podcast e i branded podcast perdono 10 pp ciascuno (si attestano, rispettivamente, al 68% e al 60%), così come diminuisce del 14% la quota di chi ha ascoltato un branded podcast.
Per Vitiello questi decrementi dipendono da un’offerta che è rimasta stabile, dall’estrema frammentazione, dalla qualità del contenuto dei podcast di marca, di una distribuzione non adeguata, di errori di strategia nell’uso del branded podcast, di una troppo vaga definizione dei KPI, considerato che i podcast agiscono su brand advocacy, brand equity e brand awareness.
Troppo commerciali. Se il 38% dice di aver scoperto con un podcast una marca che non conosceva, il 41% ha dichiarato che di aver trovato i branded podcast troppo commerciali. La possibilità di misurare adeguatamente i podcast di marca non mancano, ma l’impressione è che troppo spesso non vengono sfruttati dalle aziende.
Lo ha ribadito anche Samuele Fraternali, Director dell’Osservatorio Digital Content & Online Gaming del Politecnico di Milano, suggerendo di legare la misurabilità sempre più all’attenzione e sempre meno alle impression, orientando il branded podcast più al contenuto che all’advertising e definendo contente strategy e budget media a supporto della scoperta di podcast. Materia, questa, su cui sta lavorando OBE con la definizione di linee guida per il miglior uso dei branded podcast.