I temi chiave, le tendenze e le classifiche degli spot preferiti andati in onda durante il 58° Super Bowl
Al 58° Super Bowl, la partita tra San Francisco 49ers e Kansas City Chiefs si è conclusa con la vittoria di questi ultimi, al bis dopo quella dello scorso anno. Insieme a loro vincono anche lo humour, le celebrità, i gattini insieme a cani e cavalli e al grande spettacolo dell’Halftime con il rapper Usher.
Non ci sono stati grandi exploit creativi e sorprese nell’edizione 2024 del Big Game, con gli spazi pubblicitari più costosi di sempre – 7 milioni di $ per 30 secondi -, dove nessun investitore – o quasi – se l’è sentita di rischiare toccando argomenti scomodi o divisivi, come accadeva qualche anno fa per non finire sotto il fuoco incrociato delle tifoserie social, ma nemmeno temi vagamente seri o emotivamente forti: anche Pfizer ha parlato di medicina e cancro con un allegro spot sulle note uplifting di ‘Don’t Stop Me Now’ dei Queen.
Del resto la tendenza era già emersa forte e chiara agli scorsi Cannes Lions: come aveva sintetizzato Bruno Bertelli di Publicis, “meno purpose e più business”. E chi l’ha fatto, come Dove, è perché il purpose è realmente nel DNA della marca.
Autoreferenzialità amplificatrice. Oltre ai continui rimandi a social e fenomeni culturali, negli spot abbiamo notato diverse citazioni ad altri commercial e a momenti che sarebbero arrivati nel corso della serata: da un lato l’effetto è stato quello di un corto-circuito di autoreferenzialità, dall’altro ha evidenziato una pianificazione accurata dei momenti di marketing, anche in collaborazione con altri brand, per amplificare il proprio.
Ecco tre esempi: avevamo già parlato di Doordash che ha lanciato un mega-concorso per vincere tutti gli articoli pubblicizzati durante la partita, un’operazione imponente realizzata con il consenso di svariati inserzionisti terzi, come Doritos, Dove, Kia, Mtn Dew , M&M’s, Oreo, Popeyes.
Poi abbiamo visto Christopher Walken nello spot BMW incitare Usher di andare a prepararsi per l’imminente Halftime Show, offerto da Apple
E, nello spot di Verizon, Beyonce accennare all’uscita di un nuovo album, che sarebbe stato effettivamente annunciato qualche istante dopo sul profilo Instagram dell’artista. Un gioco ingegnoso, a tratti divertente, ma interessante solo se sono pochi a farlo.
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Celebrità ovunque. I testimonial sono una costante dell’evento e anche stavolta spuntavano da ogni dove, a volte da soli (Martin Scorsese per Squarespace, Kris Jenner per Oreo) e più spesso in allegra compagnia: Christopher Walken, Usher, Ashley Park per BMW; David Beckham, Victoria Adams, Jennifer Aniston, David Schwimmer per Uber Eats, Arnold Schwarzenegger e Danny DeVito per State Farm, Ben Affleck e Jennifer Lopez con Matt Damon e Tom Brady per Dunkin’ e potremmo continuare per molte righe ancora.
https://youtu.be/L4uLeeqCIqk
A volte i personaggi sono stati funzionali a collegare il brand a celebri film e serie, in altre l’abbinamento è parso totalmente random.”Prima capitava che comparisse una celebrità che fungesse in qualche modo da portavoce. Ora si vedono collaborazioni tra celebrità… tutte nello stesso spot, anche quando non hanno assolutamente nulla a che fare l’una con l’altra” ha commentato Jessica D. Collins del Virginia Commonwealth University Brandcenter, intervistata da AP.
Vanno sempre forte le citazioni ai film del passato (Jason Momoa che fa Flashdance per T-Mobile) e anche a pettinature vecchio stile, come i mullet anni ’80 imperanti nel film Kawasaki.
L’intelligenza artificiale non poteva non comparire: citata alla lontana da Oreo, è stata al centro del coinvolgente film dello smartphone Google Pixel 8 per la funzione ‘Guided Frame’ e di quella di Microsoft per il suo Copilot che aiuta persone di pochi mezzi a realizzare le grandi idee che hanno in mente.
Entrambe visioni positive e abilitanti dell’AI, controbilanciate dallo spot del Dawn Project che ammonisce sui rischi dell’AI e invita a boicottare Tesla e a creare computer che siano realmente sicuri per l’umanità.
La tensione del momento storico, tra guerre e tendenze estremiste, è emersa solo nel film della Robert Kraft’s Foundation to Combat Antisemitism dedicato all’antisemistismo montante, appello ai cittadini a unirsi per combattere tutti gli ‘ismi’, incluso razzismo e antisemitismo. Non a caso, è stato chiamato Clarence B. Jones, che ha scritto discorsi per Martin Luther King, per parlare anche a quei sostenitori del BLM che hanno scelto toni sconfinanti nell’antisemitismo nel protestare contro la guerra a Gaza.
L’Halftime Show ha dato un’eccellente visibilità anche a Dolce&Gabbana, che ha vestito sia Usher che Alicia Key, che lo ha raggiunto sul palco insieme a Will.i.am.
Le classifiche degli spot del Super Bowl: efficacia, brand building, creatività e gradimento del grande pubblico
Le tradizionali classifiche del giorno dopo hanno premiato diversi spot, a seconda dell’ottica e del campione attraverso cui sono stati valutati.
Brand building. La piattaforma System1 ha effettuato un sondaggio su 10mila cittadini Usa valutandone la risposta emotiva davanti ai commercial e assegnando un punteggio da 1.0 a 5.9 stelle, indicativo del potenziale di brand-building nel lungo termine.
I preferiti sono dunque risultati il film di Michelob con Leo Messi, di Reese’s e di Hellmann’s con i comici Kate McKinnon e Pete Davidson e il gatto Mayo.
Di seguito gli spot con relativa valutazione: Michelob ULTRA “Superior Beach” 4.8; Reese’s “Yes!” 4.7; Hellmann’s “Mayo Cat” 4.5; T-Mobile “That T-Mobile Home Internet Feeling” 4.5; Lindt “Life is a Ball” 4.4; NFL “Inspiring Young Athletes Everywhere”4.3; Budweiser “Old School Delivery” 4.2; OREO “It All Starts with a Twist” 4.1; Skechers “Mr.T in Skechers” 3.9; M&M’s “The M&M’S Almost Champions Ring of Comfort” 3.9; Pfizer “Here’s to Science” 3.8.
Per System1 sono 5 i key learning che emergono dall’analisi:
- non aver paura di raccontare storie articolate, come quelle di Hellmann’s, NFL e Budweiser;
- preferire la semplicità, con un’unica idea eseguita brillantemente (Michelob, T-Mobile e Skechers) invece che tante scenette sconnesse strizzate dentro un 30”;
- far ridere, dato che lo humour emerge di nuovo come il tratto preferito dagli spettatori, sia attraverso storie che danno una scossa di energia (Reese’s e Skechers) che attraverso narrazioni ispiranti (Pfizer);
- manco a dirlo, usare bene le celebrity facendo fare loro ciò in cui riescono meglio (Michelob, Skechers);
- e giocarsi bene le proprie icone, come hanno fatto Budweiser e M&M’s.
Per la Ad Meter Competition di USA Today, basata sui voti di 160mila utenti registrati, lo spot preferito è stato quello di State Farm “Like a Good Neighbaaa” con Arnold Schwarzenegger e Danny DeVito, che ironizza sull’accento del primo, con un punteggio di 6.68.
Seguono i film Dunkin’ “The DunKings” con 6.52; Kia “Perfect 10 – The Kia EV9” 6.36; Uber Eats “Worth Remembering” 6.26; NFL “Born to Play” 6.23.
Efficacia creativa. Secondo invece la piattaforma basata sull’AI che misura l’efficacia creativa Daivid, i migliori spot testati su un campione di 200 cittadini Usa sono stati NFL “Born To Play” 7.45; Popeyes “The Wait Is Over” 7.29; Uber Eats “Don’t Forget” 7.23; CaraVe “CeraVe with Michael Cera…Ve” 7.11; Paramount+ “Hail Patrick” 7.10; T-Mobile “Audition” 7.07; Mountain Dew “Aubrey Plaza Having a Blast”; 7.07; T-Mobile “That T-Mobile Home Internet Feeling” 7.04; Bud Light “Easy Night Out” 7.03; Pringles “Mr. P” 7.01; State Farm “Like A Good Neighbaaa” 6.93.
La super giuria dei creativi. La campagna del brand skincare CaraVe “CeraVe with Michael Cera…Ve” è risultata la preferita della super-giuria di creativi di primo livello messa insieme dai Clio Awards.
Ideato da Ogilvy Nord America e con protagonista l’attore di Arrested Development e Superbad Michael Cera, il cui nome è molto simile a quello del brand, il film umoristico dà inizio a una campagna globale e ha goduto di un’ampia fase di pre-lancio, della possibilità di acquisto in-game e ha alimentato le conversazioni dei consumatori in modo magistrale.
Umorismo da scuola media. Un ultimo cenno, per il suo stile sopra le righe e l’approccio da guastatore, lo merita il film di Duolingo di appena 5 secondi, pianificato su alcuni spazi a livello regionale raccattando offerte dell’ultimo minuto.
Il film mostra il gufetto icona dell’app di lezioni di lingue fare una scoreggia mentre, improvvisamente, spunta una sua mini replica dal didietro. Detto così può sembrare scurrile, ma l’animazione è in realtà minimale e ironica, per quanto sia un po’ un umorismo da scuole medie.
Per comprenderla però bisogna spiegare l’antefatto: si tratta di un’icona che appare nell’app quando l’utente procrastina le sue lezioni, con il messaggio “Do your lesson, no buts”. Un’icona molto apprezzata dalla community, che l’ha fatta circolare abbondantemente sui social, e che è stata riproposta come stunt comprensibile solo agli affezionati. E che chi non ha capito è andato immediatamente a cercare su Google. Secondo l’azienda, che ha monitorato in tempo reale le impression social, è stato un successo.
F.B.