Quanto sono social i CEO italiani? Per scoprirlo, la società di consulenza di reputazione digitale Pubblico Delirio ha effettuato una mappatura della presenza su LinkedIn dei CEO su un panel delle 120 maggiori aziende che operano in Italia e della loro comunicazione durante l’emergenza covid-19
Il presupposto è che oggi l’autorevolezza non passa solo dal ruolo assegnato dall’organizzazione, ma sempre di più dalla reputazione conquistata all’interno delle comunità in cui operano. L’analisi di Pubblico Delirio ha permesso di stilare una classifica top 30 dei manager e ha anche isolato alcune tendenze e buone pratiche nell’esposizione dei manager su LinkedIn nel periodo covid-19.
La classifica dei CEO più social è guidata dall’AD e DG di Enel Francesco Starace con 34mila follower; al 2do posto il fondatore e presidente di Technogym Nerio Alessandri (32mila) e al 3zo l’AD di ENI Claudio Descalzi (31mila). Tra i top manager donna, la prima è Silvia Candiani, Country General Manager Microsoft Italia, ma si trova in zona di bassa classifica, al 22mo posto, con Fabiana Scavolini, AD di Scavolini, e Nicoletta Luppi, SVP e Managing Director di MSD Italia, sono rispettivamente al 25mo e 30mo posto.
I settori di appartenenza più frequenti sono Finance (11 manager nei primi 30) ed Energy & Utility (5), mentre Retail, Tech, Pharma e Automotive ne hanno solo 2.
Le tendenze emerse dalla ricerca, rivela Stefano Chiarazzo, fondatore di Pubblico Delirio e autore di ‘Social CEO. Reputazione digitale e brand advocacy per manager che lasciano il segno’ (FrancoAngeli), mettono in evidenza il fatto che per essere social i CEO devono avere il coraggio delle proprie opinioni, devono essere costanti e avere un tono di voce inclusivo.
Secondo la ricerca, infatti, nel periodo covid-19, dopo un primo momento in cui in molti hanno preferito tenere un profilo basso, altri hanno avuto il coraggio di prendere subito una posizione netta, sbilanciandosi con pareri e opinioni.
Non esiste una frequenza ideale di pubblicazione dei contenuti, ma la costanza è importante: in media nel quadrimestre marzo-giugno i CEO italiani hanno postato 5 volte al mese (ma Francesco Pugliese, CEO di Conad, ha contributo ad alzare la media, con 62 post e un ampio uso delle condivisioni). Nella sua analisi, Chiarazzo evidenzia la presenza di molti post che superano le 500 battute e la ripresa di articoli longform per aggiornare su decisioni e iniziative e per raccontare la propria visione in maniera più articolata. “Ognuno con il proprio stile, i CEO italiani hanno preso coscienza del loro ruolo di leader del cambiamento sia all’interno dell’organizzazione che verso l’esterno”, commenta Chiarazzo. Se nei primi mesi si sono focalizzati sulla continuità del business e sul rapporto con la comunità in cui operano, nella fase 2 hanno spostato nettamente lo sguardo al futuro, proponendo visioni e azioni nella new normality”.
Gli approcci. La mappatura dei contenuti ha infatti permesso di isolare 4 possibili approcci dell’executive communication, non necessariamente alternativi, che i vertici aziendali possono adottare in risposta alle emergenze nazionali o globali che Chiarazzo ha battezzato Reporter (prediligono la comunicazione istituzionale), Supporter (si focalizzano sulle comunità in cui operano), Thought Leader (coinvolgono dipendenti e business partner con una visione strategica) e Activist (prendono posizioni coraggiose e sono coerenti nei fatti). “Mai come in questi mesi si è concretizzato il passaggio dallo storytelling allo storydoing professionale, raccontando praticamente in real time cosa si stava facendo per rispondere all’emergenza”, aggiunge Chiarazzo.