Ancora in cerca di un corretto equilibrio tra media e creatività, il mercato dell’influencer marketing in Italia continua a crescere e intanto sposta l’attenzione verso il talento.
I numeri, con un focus verticale estratto dalla più ampia ricerca dell’Osservatorio Branded Entertainment, sono stati presentati ieri a Milano nel corso di un appuntamento dedicato all’influencer marketing.
Aumentano sia la domanda dei brand che l’offerta di influencer, ha raccontato Marco Sorrentino, Director della Practice Content di Publicis Media, e di conseguenza anche gli investimenti.
I dati, raccolti con una survey che ha indagato la parte tangibile del mercato – quella sommersa è fatta di ‘baratti’, prodotti in cambio di post – dicono che nel 2018 la spesa in influencer marketing ha toccato i 180 milioni di euro, pari al 7% del totale investimenti in digital adv, secondo stime Publicis Media, e dovrebbe arrivare a 241 milioni nel 2019, in crescita del 34%.
“Non è una bolla, almeno, per ora”, ha detto Sorrentino sottolineando che i driver di crescita dell’influencer marketing sono la fiducia complessiva (49%) e l’engagement rate che cresce del 75% nel biennio 2018/2019 vs il periodo 2013/2017. Le attivazioni sono sempre più vertical (33%), i micro-nano influencer cominciano a farsi spazio (26%) rispetto ai VIP (23%), mentre le community con il 18% restano indietro perché portatrici di una creatività user-centrica, non controllata né controllabile dai brand. La piattaforma preferita è Instagram che con il 65% di attivazioni vince su Facebook (21%), YouTube (10%) e LinkedIn (1%).
Anche i settori merceologici hanno piattaforme e approcci differenti: i FMCG puntano molto sui video su YouTube, il fashion trova la sua voce su Instagram attraverso gli influencer, il beauty è territorio femminile (90%), la tecnologia maschile (70%) e testuale, l’automotive conta sui VIP in azioni one shot, lo sport è fatto soprattutto di community always on. Quanto ai trend emergenti, Francesca Vecchioni, fondatrice e presidente Diversity, ha messo in evidenza il brand activism, mentre Ludovica Federighi, Head of Fuse, e la cantautrice Levante hanno fatto il punto sui talenti musicali, ancora poco utilizzati in Italia.
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I trend internazionali sono stati approfonditi da Gordon Glenister, Global Head of Influencer marketing di Bcma (Branded content marketing association).
Quello dell’influencer marketing è un terreno che offre ancora molte opportunità, visto che il 53% degli spender vi dedica meno del 10% del budget, la Generazione Z mostra un’attenzione ai contenuti degli influencer particolarmente alta e la tecnologia, in particolare l’AI, incide sempre di più tanto sulla produzione quanto sulla fruizione di contenuti.
Glenister ha condiviso anche una serie di consigli ai brand: 1 lavorare sempre con agenzie e piattaforme di influencer, evitando di far da sé; 2 pagare il giusto gli influencer – “un abito non paga il mutuo della casa”, ha detto -; 3 identificare le metriche corrette, perché quelle tradizionali non funzionano, e di puntare sull’engagement rate più che sul numero di follower; 4 segnalare sempre i contenuti sponsorizzati; 5 lavorare sulla coerenza tra brand e influencer e su obiettivi condivisi; 6 se si usa una community, trovare un leader al suo interno con cui impostare le linee-guida.
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