La qualità dei prodotti e i valori del brand contano più del prezzo, soprattutto per le generazioni più giovani.
Quando fanno la spesa le persone cominciano a considerare la sostenibilità dei prodotti – dal modo in cui sono fatti a come sono confezionati – come un fattore sempre più importante. Secondo una ricerca condotta in USA da CGS (piattaforma di servizi di outsourcing, business application e formazione) nel novembre scorso, il 68% degli utenti internet dichiara di attribuire un ruolo sempre più cruciale nelle decisioni d’acquisto.
E la tendenza sembra ancora più importante presso i consumatori più giovani: lo stesso sondaggio ha rivelato che gli acquirenti tra i 18 e i 24 anni sono più consapevoli dell’impatto ecologico delle loro spese, anche quando si tratta di abbigliamento e moda. Se 1/3 dei consumatori si dice disposto a pagare fino al 25% in più per prodotti sostenibili, la Gen Z supera il 50% del costo.
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Alcuni retailer cominciano a rispondere alla domanda di maggiore sostenibilità e di migliore chiarezza riguardo a temi una volta del tutto trascurati, come l’etica della supply chain: il brand low cost americano Everlane ha incorporato la sostenibilità nella propria brand identity e mostra in etichetta i dettagli su costi di produzione, pratiche di approvvigionamento e impianti di produzione e sebbene low cost i suoi prodotti – almeno nelle dichiarazioni – sono fatti per durare nel tempo.
Secondo i rispondenti al sondaggio CGS, la sostenibilità è sempre più anche un fattore di fedeltà al brand: per il 64% conta più di tutto la migliore qualità del prodotto, ma la sostenibilità e l’etica nel business, con il 28% delle dichiarazioni, superano anche la notorietà della marca (25%) e la brand mission (23%). “I consumatori di oggi non considerano più solo il prezzo, ma scelgono i brand più allineati con i loro valori e bisogni”, commenta Paul Magel, presidente della divisione business application di CGS.
Cosa è sostenibilità? Per il 31% l’uso di materiali ecologici, per il 15% le pratiche etiche, per l’8,8% fare donazioni a una buona causa e, con la stessa percentuale, non fare test sugli animali, per l’8,4% il fatto che il brand abbia un ‘purpose’ particolarmente forte. Tra i luoghi dove più si discute di sostenibilità, energie rinnovabili e consumi responsabili conquistano posizioni i social, dove la presa di coscienza delle risorse limitate del pianeta ha preso slancio nell’ultimo trimestre del 2018, almeno stando a un’analisi di Visibrain, piattaforma francese di analisi dei social, particolarmente su Twitter dove è più forte la mobilitazione per il clima grazie anche alle azioni di Greenpeace.
Strumento di marketing. Fare della sostenibilità un importante “strumento di marketing” è uno dei più recenti obiettivi anche per Google che ha dato il via a una collaborazione con la California Academy of Science e lanciato un tool interattivo – ‘Your plan, your planet’ – per rendere più facile la comprensione di come anche piccoli cambiamenti possano fare la differenza in fatto di sostenibilità.