I dati del settore presentati dall’Osservatorio Branded Entertainment. Crescono l’interesse delle aziende per il metaverso e il ruolo degli influencer
Il branded entertainment non è più solo una leva di comunicazione alla stregua di spot e promozioni, ma diventa cornice strategica per competere sul mercato dell’attenzione, sempre più fatto di palinsesti personali e cross-mediali.
Questa la sintesi di Laura Corbetta, presidente Osservatorio Branded Entertainment, che dà la misura della strada intrapresa nel nostro paese dai contenuti prodotti dalle marche.
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Corbetta ha anche segnalato alcune storture che andrebbero raddrizzate per non perdere lo slancio acquisito dal branded entertainment: una maggiore attenzione al ‘capitale umano’, non solo giovani, ma anche età intermedie, sviluppando una cultura che premia la qualità, più collaborazione con i colleghi e la definizione con le aziende committenti di regole certe e condivise, a cominciare da “mai più gare con brief poco chiari, troppe agenzie coinvolte, annullate a pochi giorni dalla consegna”, ha detto la presidente OBE, ribadendo un concetto già espresso in passato.
Mercato in crescita. Anche la ricerca annuale di OBE, realizzata con BVA Doxa e in collaborazione con RTI, dice che il branded entertainment non è più la ciliegina sulla torta, ma è diventato una sorta di “variegato all’amarena” che è un po’ dappertutto, ha commentato Erik Rollini, responsabile dei OBE Insight Hub, Consigliere OBE e Managing Director Mediacom, presentando i dati della ricerca.
Un mercato che crescerà quest’anno del 9% a 619 milioni di euro, in cui la TV rimane padrona con il 37% del totale investimenti, seguita dai social con il 22% (tra cui la ricerca comprende anche YouTube) e poi, con molto distacco, da property digitali (7%), editoria online (7%) e cartacea (5%). L’80% del campione, composto da 65 aziende, ha fatto BE nel 2021, per il 66% sui social e poi a seguire su property digitali (49%), TV (43%), piattaforme audio (17%), piattaforme video gratuite (14%).
I redazionali sono il formato più frequentato (67%), mentre le produzioni originali lasciano progressivamente spazio ai progetti di brand integration con cui le aziende cercano soprattutto audience più ampie.
Metaverso e influencer che diventano sempre più creator – alcuni con follower “pari all’ascolto di una rete TV”, commenta Rollini – sono le due grandi tendenze che si stanno affacciando. Sul metaverso è molto forte la curiosità delle aziende che si aspettano molta proattività da tutta la filiera produttiva (il 42% del campione dice che è un ambiente di cui tenere conto, solo il 9% lo bolla come cosa passeggera), mentre l’influencer marketing è forma sempre più praticata di branded entertainment e il 94% dei rispondenti concorda sul fatto gli influencer sono sempre più creator.
Il ROI assente. Rollini ammette che fare ricerca su certi progetti non è istintivo e che qualche volta gli obiettivi non sono centratissimi, tipo aumento delle vendite, ma ricorda anche che il tracking TV di OBE è accessibile a tutti – “costa come un biglietto areo A/R” e aiuta a fare cultura, dice – e probabilmente l’anno prossimo potrebbe essere esteso anche all’audio. Ricerche che, per altro, potrebbero proporre gli stessi media owner associati a OBE.
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