Per l’Osservatorio Design Thinking for Business dalla School of Management del Politecnico di Milano sta vivendo un vero e proprio boom nei settori più investiti dalla trasformazione digitale ma ha un problema di branding
Approccio alternativo all’innovazione perché integra capacità analitiche con attitudini creative, il Design Thinking for Business è studiato dall’Osservatorio dedicato dalla School of Management del Politecnico di Milano che venerdì ha presentato i risultati della ricerca nel corso del convegno online centrato sulla relazione tra DT e Artificial Intelligence.
In Italia è utilizzato da 289 innovatori nelle imprese italiane che lo applicano in svariati settori economici e funzioni aziendali e sta vivendo un vero e proprio boom nei settori più investiti dalla trasformazione digitale, declinato in molti modi, ma secondo Mauro Porcini, Senior VP e Chief Designer Officer di PepsiCo, che ha dialogato con Roberto Verganti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Design Thinking for Business, un problema di branding: di fatto produce innovazione, ma viene ancora visto come una disciplina iper-specializzata. Eppure mai come in questo momento, “questo virus accelera la necessità di capire le esigenze primarie delle persone” e stimola la ricerca di senso.
La relazione con l’AI, il rapporto tra analisi e intuizione, discusso dai numerosi panelisti ha messo in evidenza questa ricerca di senso anche attraverso la domanda di una maggiore sensibilità etica e come progettare un futuro desiderabile orientando gli algoritmi.
L’analisi condotta in Italia dall’Osservatorio dice che l’approccio Design Thinking è adottato soprattutto da utenti esperti, la cui impresa investe in media 1,8 milioni di euro in innovazione, che usano questo approccio per progettare nuove esperienze utente, sviluppare nuovi prodotti e servizi e rispondere a bisogni specifici dell’utenza.
“Il Design Thinking è uno strumento che consente alle persone, in un momento di esposizione a una mole crescente di informazioni e a tecnologie sempre più complesse e in costante evoluzione, di cogliere ciò che è veramente di valore in un prodotto o servizio e ciò che può portare davvero innovazione e coinvolgimento nelle aziende”, ha detto Verganti, sottolineando come non sia un caso che il fatto stia crescendo in quei settori in cui la trasformazione digitale richiede nuove competenze per sviluppare un’esperienza utente realmente efficace e che più sentono l’impatto di AI, IoT e big data.