Assirm, l’associazione che riunisce gli istituti di ricerche di mercato e d’opinione italiani, ha chiuso il primo semestre 2021 con un incremento del 13% del fatturato rispetto allo stesso periodo del 2020.
Complessivamente, i 70 associati quest’anno genereranno 520 milioni di euro con un lieve recupero rispetto al 2019.
Nel confronto con gli altri paesi europei rispetto agli investimenti in ricerche di mercato l’Italia è ancora indietro, un gap che Matteo Lucchi, presidente Assirm, ha spiegato con la differenza ‘culturale’ tra imprese che nel nostro paese sono guidate nella stragrande maggioranza da imprenditori che si affidano soprattutto al proprio intuito e imprese di altri paesi che, a parità di dimensioni, sono guidate da manager che lavorano per obiettivi e più facilmente utilizzano le ricerche di mercato per prendere decisioni e ridurre il rischio d’impresa.
La ricerca condotta dall’associazione in occasione del Forum che si conclude oggi conferma comunque la fiducia delle aziende nella ricerca di mercato: il 90% delle aziende concorda sull’importanza delle ricerche, 7 su 10 pensano di incrementare gli investimenti in questo ambito e il 52% dei rispondenti pensa di farlo nei prossimi 12 mesi.
Di fatto, la gran parte dei clienti degli istituti di ricerca in Italia è costituita da grandi aziende e infatti Lucchi ha anticipato che tra gli obiettivi del 2022 ci sarà un maggior impegno nei confronti delle PMI.
All’apertura dei lavori ha partecipato anche Ciro Rapacciuolo, Responsabile Area Congiuntura e Previsioni di Confindustria, con un’analisi dello “stato di salute” dell’Italia: scenario favorevole – con il PIL in crescita del 6% quest’anno e del 4,1% nel 2022 – ma non privo di rischi, più per la scarsità di alcune materie prime che per il rischio inflazione, non particolarmente negativo per l’Italia, e per il fatto che la propensione al consumo delle famiglie italiane non tornerà a livelli pre-crisi, restando 3-4 pp sotto i livelli del 2019.