GroupM avverte comunque che lo stato dei ricavi di un medium non corrisponde necessariamente a un giudizio sulla sua efficacia
Nel 2019 l’economia globale ha tirato il freno e la situazione di debolezza si prolungherà anche nel 2020. Di conseguenza il mercato pubblicitario ha subito una battuta d’arresto e, rispetto al +5,7% dell’anno scorso, quest’anno chiuderà a 4,8% e rallenterà ancora di più nel 2020 e 2021.
A dirlo è GroupM che stima per l’anno prossimo una crescita del +3,9% – per un valore complessivo del mercato pari a 628 miliardi di dollari – e per l’anno successivo del +3,1%, con un andamento tra il +3-4% andando verso il 2024. Tuttavia il mercato potrebbe raggiungere i 700 miliardi, includendo nel perimetro canali di comunicazione come direct mail e directories.
Per l’Italia GroupM stima un saldo negativo a -1,3% per questa fine d’anno: lo spaccato per mezzi dà la tv a -4,9%, web a +8,6% (video +19,3%; search +9%; display +1,4%), radio +2,6%, stampa -12 (quotidiani -10,6%; magazine -13,7%), ooh -8,1%. L’anno prossimo grazie ad Olimpiadi ed Europei il mercato risalirà a +2,3%, con la tv che recupererà a +1%, web stabile a +8%, radio +1%, stampa -9%, out of home stabile.
Tra i principali highlight dello studio GroupM segnala lo slittamento dei budget di comunicazione da un paese all’altro, man mano che le aziende cercano di cogliere opportunità in mercati dall’economia tonica ma dal mercato pubblicitario debole. I paesi che nei prossimi 5 anni avranno il gap più ampio tra economia e pubblicità sono Cina, Svizzera, Messico, Brasile e Corea del Sud.
I brand digital first come Alibaba, Alphabet, Amazon, Booking.com, eBay, Facebook, IAC, JD.com, Netflix e Uber trainano una buona parte del mercato, visto che ognuno di essi vale almeno 1 miliardo di spese in advertising; complessivamente hanno speso 36 miliardi nel 2018 e la crescita nel 2019 è stata di almeno il 25% in più.
Continuano a crescere i media digitali, che raggiungeranno un valore di 326 miliardi nel 2020 per una quota del 52% sul totale investimenti. Cala invece la tv nell’ordine del -3,6% e, nonostante le sue estensioni digitali e le innovazioni come le soluzioni addressable, difficilmente supererà i 170 miliardi nei prossimi anni. A complicare lo scenario ci si mettono i nuovo SVOD e servizi di streaming, sempre più numerosi e agguerriti e che potrebbero cannibalizzare i ricavi e il consumo dei servizi video esistenti, come quelli delle tv tradizionali o sat.
«Posto questo contesto, siamo convinti che i media siano solo mezzi per arrivare a un fine: i marketer dovrebbero focalizzarsi sull’ottimizzare il mix di contenuti esterni ed interni per far crescere il business – spiega lo studio -. I marketer dovrebbero guardare questi numeri per valutare lo stato di salute dei loro partner media oggi e nei prossimi anni, tuttavia anche un medium in declino può essere la scelta migliore per connettersi a determinate audience. Allo stesso modo, un altro medium potrebbe apparire in salute in termini di ricavi ma non necessariamente la sua inventory potrebbe essere la più efficace. Investimenti nell’infrastruttura di marketing, tecnologie di marketing e servizi esterni sono altre strade con cui supportare l’eccellenza di marketing. Assicurarsi che siano in atto tutti i processi per bilanciare questi elementi di marketing avrà più impatto rispetto alla scelta di un media in crescita piuttosto che un altro in declino nei prossimi anni».