Primo evento pubblico, ieri a Milano, per il progetto ideato da Stefano Maggi (WAS), Fabrizio Martire e Alessandro Mininno (Gummy Industries) per riflettere sull’impatto delle tecnologie sulla vita delle persone, creare una cultura condivisa per comprendere come usare meglio gli strumenti digitali e tentare di ridurne gli impatti negativi
Le vite degli altri si somigliano, soprattutto sui social, ma nel discorso collettivo troppo spesso si trascura di tenere in conto le basi comuni che rendono la convivenza, anche digital, più facile.
Alike nasce proprio dalla necessità di riflettere sull’impatto che l’innovazione tecnologica ha avuto sulla vita delle persone, creare una cultura condivisa per interpretarlo al meglio e tentare di ridurre le ricadute negative, da subito e nel lungo termine, spiega Stefano Maggi, di We Are Social, che insieme con Fabrizio Martire e Alessandro Mininno, di Gummy Industries, ha ideato Alike. Ieri a Milano primo evento pubblico per la presentazione del progetto, co-prodotto da UNA anche per la sua ricaduta sui brand.
Digital e social hanno trasformato la società e se la promessa di super-democrazia non si è avverata, chiunque può condividere pensieri e informazioni senza filtro e con milioni di persone con il corollario di disinformazione, aggressività, overload cognitivo e minacce alla sicurezza dei brand. La riflessione avviata tre anni fa da Parole Ostili, con il suo impegno di responsabilità condivisa per migliorare lo stile e il comportamento di chi sta in rete, con Alike si allarga anche all’industry della pubblicità: “siamo partiti per cercare di superare i problemi e aiutare le aziende, anche a scegliere strade migliori, chiedendoci cosa persone e brand possano fare concretamente”, aggiunge Maggi.
Dalla media literacy (scarsa, soprattutto in Italia) al benessere digitale, su questi temi c’è moltissima letteratura, in particolare nei paesi di matrice anglo-sassone, ma “spesso è frutto dell’oscillazione di un pendolo tra l’entusiasmo per la novità e la diffidenza esagerata nei confronti della tecnologia”, sottolinea Martire per ribadire la necessità di uno strumento in grado di parlare a target diversi – brand, addetti ai lavori, giovani e boomer – e per dialogare sul tema di un uso più consapevole degli strumenti digitali, lavoro che sarà ampliato alle scuole e ai target più maturi e che si appoggerà anche sullo spazio online.
La domanda, da parte delle aziende che investono in comunicazione, non manca. “Ci siamo imbattuti in clienti che ci chiedono come gestire fake news e casi di hate speech o prodotti ‘maltrattati’, di sicuro ci sono tante velocità diverse nello sviluppo della consapevolezza di dover gestire la propria presenza digitale in modo migliore”, chiarisce Maggi.
Alike non è però nato per creare una nuova practice in agenzia, quanto per “costruire esperienza e conoscenza condivisa che abbia un impatto non solo per le nostre agenzie, ma anche per quelle dei nostri competitor”, dichiara Mininno. “Uno dei messaggi che vogliamo dare alle aziende è che ‘purpose’ non deve diventare white washing, ma investimento reale nella causa che il brand ha deciso di sposare e che campagne e comunicazione devono riflettere realtà, non appropriarsi di un trend che non gli appartiene”, aggiunge Maggi.