I dati del mercato del branded entertainment presentati all’2020 OBE Summit, per la prima volta elaborati da Nielsen
La crescita del branded entertainment continuava spedita a doppia cifra nel 2019 e prometteva di fare altrettanto quest’anno, se non che è arrivato il covid a mettere un freno.
Presentata al 2020 OBE Summit, l’incontro annuale dell’Osservatorio del Branded Entertainment, e realizzata per la prima volta da Nielsen, la ricerca sullo stato del mercato in Italia riporta nel 2019 una crescita del 24%, un valore di 549 milioni di euro e una quota del 6% sul totale investimenti mentre le previsioni per il 2020 si fermano ad un -9%, con una stima di 497 milioni. Tuttavia, anche se metà degli intervistati diminuirà gli investimenti, emerge anche un sostanzioso 40% disposto ad aumentarli, anche in quest’anno di rottura.
«Il covid ci ha insegnato tante cose – dice Laura Corbetta, Presidente di OBE e CEO di YAM112003, aprendo i lavori -. Il virus ci ha insegnato responsabilità e coraggio, come comunicatori, persone, professionisti, e ci ha posto l’imperativo di rinascere. Ci ha ricordato che lo stato e i governi, spesso dati per scontati, esistono e rendono possibile il mondo in cui viviamo, inclusa la comunicazione. Ha reso evidente che il ruolo delle aziende è cambiato, che non bastano più i soli prodotti e servizi per farsi scegliere ma sono necessari valori e purpose, motore essenziale di crescita. L’esempio ce lo stanno dando Gucci, L’Oreal, Coca-Cola: abbiamo davanti una svolta epocale in cui i brand giocano un ruolo centrale. E in questo scenario il branded entertainment si configura come una leva di comunicazione attuale e vincente per quei brand che hanno una storia e valori da raccontare».
Il valore strategico del branded entertainment emerge a più riprese nella ricerca di Nielsen. Come spiegano Guido Surci, Consigliere OBE e Chief Sport & Intelligence Officer di Havas Media Group, e Alberto Dal Sasso, Managing Director Adintel Italy, Head Of Ram International di Nielsen, gli obiettivi delle operazioni di branded entertainment appartengano per lo più agli ambiti più strategici della reputazione e della costruzione e incremento della notorietà di marca, mentre gli aspetti più tattici sono in fondo alla classifica.
Da sottolineare che 9 inserzionisti su 10 hanno raggiunto gli obiettivi che si erano prefissati. Anche i KPI scelti per la misurazione riguardano principalmente la brand awareness e non il day by day tattico e contribuiscono a posizionare la leva in ambito più strategico.
Tra gli altri dati rilevanti della ricerca, vediamo che l’investimento medio si colloca tra i 100 e i 300mila euro, che aumentano i contenuti originali rispetto alle brand integration e che, tra i formati, se a dominare sono i video per tv e social il fenomeno dell’anno sono i podcast, cresciuti in pochi mesi in modo veloce e repentino. Essendo anche più facili da creare, in un contesto come quello attuale c’è da credere che cresceranno ancora nel 2020. I principali interlocutori sono le agenzie creative e media, a fianco delle quali emergono le piattaforme digitali in un panorama molto frammentato che resterà tale, perché nella creazione del branded entertainment gli attori intorno al tavolo sono tanti.
A proposito di valori, essere ‘grateful brand’ è il tema del nuovo libro e del talk di Oscar Di Montigny, Chief Innovability and Value Strategy Officer, Banca Mediolanum. «La trasparenza e fiducia di cui ci riempiamo la bocca credo siano temi superati. La gratitudine – dal dizionario, memoria di un beneficio ricevuto e prontezza a dimostrarla – è il vero elemento che fa sì che una persona si ricordi di un brand, lo scelga e ne parli ad altri. Il concetto di grateful brand evolve quello di love brand: non dobbiamo creare condizioni artificiose per farci scegliere ma essere realmente quello che pretendiamo di essere. Non è più il tempo dello storytelling, ma dello story-being. Ora si è aperto uno spazio per entrare in questa dimensione e le aziende dovranno impegnarsi per riuscire ad entrarci prima delle altre».