‘La stabilità digitale’ è il titolo della quarta edizione dell’Osservatorio Marketing B2b, realizzata da Marketing Arena in collaborazione con Università Ca’ Foscari, proprio per sottolineare che alcune tecnologie non hanno ancora preso piede nel mondo B2b.
La ricerca ha analizzato i processi decisionali e le modalità di gestione delle attività di digital marketing su un campione di 157 imprese che nel 2023 hanno registrato un fatturato compreso fra i 10 e i 250 milioni di euro.
Dall’analisi emerge che lo sviluppo di una strategia di marketing deve essere incoraggiato dal top management, tuttavia questo accentramento decisionale lascia poco spazio a un coinvolgimento attivo delle funzioni più operative dell’azienda.
La ricerca ha anche evidenziato che le imprese sono consapevoli del fatto che chi investe sul digitale è premiato dal mercato e che il vantaggio competitivo si costruisce attraverso azioni originali e però appare carente la comunicazione interna sulla condivisione dei risultati.
Chi decide cosa. La responsabilità delle attività di marketing digitale nella comunicazione B2b è affidata in oltre la metà dei casi a marketing manager e digital marketing manager (52%), ma anche il top management ha un ruolo importate (18%). Cala, rispetto al passato, il peso della funzione commerciale (8%), ma gli estensori della ricerca segnalano che questo potrebbe essere conseguenza della diversa composizione del campione. Rimane rilevante l’esternalizzazione della responsabilità digitale (15%).
Gli investimenti sono focalizzati soprattutto sulla costruzione di brand awareness (34%), ma troppo spesso si naviga a vista anche nella definizione del budget. Le aziende si sono però attrezzate per la raccolta di insight strategici a supporto della definizione delle strategie. Gli strumenti più utilizzati per l’analisi del target sono interviste e focus group, mentre per l’analisi dei percorsi d’acquisto ci si affida tanto al customer care aziendale quanto all’analisi di dati web.
Gli strumenti di digital marketing più utilizzati sono il sito web, le email e LinkedIn, quest’ultimo fondamentale per il 34% dei rispondenti. Social maturi come Facebook e Instagram sono utilizzati ancora con buona frequenza da più della metà dei rispondenti, mentre i canali che comportano maggiori investimenti nella produzione di contenuti come TikTok e YouTube sono ancora trascurati dalla grande maggioranza del campione (rispettivamente, 97% e 62%).
Le attività di lead generation sono pianificate dal 46% del campione, tuttavia il 41% delle aziende non qualifica i lead raccolti e gli analytics più utilizzati sono quelli relativi al comportamento dei clienti sul sito web (47%) e sulle piattaforme social (32%).
I KPI di misurazione più utilizzati sono engagement rate (16%), lead generati (13%), reach organica dei post (12%) e impression (12%), mentre costo per lead e costo per impression sono ritenuti meno rilevanti, il che – secondo l’Osservatorio – rende più difficile considerare l’impatto delle campagne, ma deriva anche dalla maggiore focalizzazione sulla brand awareness.