Coop pubblica il rapporto annuale che evidenzia la fine della recessione nel nostro paese e l’emergere di nuove tendenze. Per quanto riguarda le strategie, l’insegna continuerà a investire sui prezzi di vendita
Il potere d’acquisto degli italiani nel 2015 è cresciuto dell’1,5%. L’1% grazie alle politiche del governo. È quanto riporta il Rapporto Coop 2015 che scatta la fotografia dei consumi italiani a fronte della “ripresa slow” che si intravede nell’economia italiana. Dal 2007 a fine 2014, riferisce il rapporto, il reddito disponibile è sceso di 2.600 euro a fronte dei 220 euro recuperati quest’anno.
La recessione è finita, recita la nota emessa dal gruppo, è costata lacrime e sangue alle famiglie italiane che hanno lasciato sul piatto dal 2007 a oggi 122 miliardi di euro (47 miliardi di minori risparmi e 75 miliardi di minori consumi).
Ma più che la variazione seppur minima di segno positivo del Pil con cui si è aperto il 2015 (la crescita della nostra economia attesa per fine anno è di un +0,7%) è il sentiment degli italiani a essere cambiato. La felicità è di casa nel Nord Europa tuttavia gli italiani, al pari di tedeschi e francesi e prima degli spagnoli (che peraltro hanno l’economia più in crescita), mostrano buoni livelli di soddisfazione per la propria qualità della vita e il 52% delle persone (era il 41% appena un anno fa) considera invariata o addirittura migliorata la propria situazione.
Sette anni di crisi hanno però lasciato cicatrici profonde nel tessuto sociale del nostro Paese, è un’Italia bipolare e schizofrenica; sempre più lunga, il Sud sempre più sud (tra Trento e Calabria corrono più di 1000 euro di differenza nella spesa mensile), la forbice generazionale si è allargata (gli under 35 spendono 100 euro al mese in meno degli over 65) e il lavoro continua ad essere la grande discriminante e la grande chimera.
Come cambia l’italiano medio
Siamo i più palestrati e i più̀ connessi d’Europa (12.000 palestre il record in Italia e più di 6 ore al giorno su Internet tra pc e smartphone) se non atei certo più laici e indifferenti, i più evasori e tra i più̀ altruisti. Mangiamo la stessa quantìtà di cibo degli anni Settanta (2,8 chilogrammi al giorno), ma si è profondamente modificata la dieta alimentare e conseguentemente più estese le tipologie di consumo. Impazziti per il bio da un lato (+ 20% all’anno), cresce anche il “cibo della rinuncia”: vegetariani (sono il 10%), vegani (il 2%) ma anche fruttariani, crudisti, reducetariani.
La parola d’ordine dei nuovi italiani è̀ wellness, star bene ma in senso meno edonistico del passato: siamo i più magri d’Europa e tra i più longevi, ci concediamo meno vizi di un tempo (meno alcool, meno fumo). A guardare i carrelli spicca la propensione per i consumi etnici + 18% nell’ultimo anno; l’internazionalizzazione del gusto -Expo o non Expo- ha fatto centro nel nostro Paese.
Gli stili alimentari però diventano sempre più liquidi, gli italiani sono un popolo di consumatori infedeli (se è vero che in un anno le famiglie italiane frequentano in media 21 punti vendita alimentari di cui solo 6 supermercati e iper) e sharing economy da un lato (in Italia vale più di un miliardo) e rivoluzione digitale dall’altro stanno cambiando la faccia al Paese. Più consumatori di servizi che di beni, al possesso si sostituisce l’uso.
La distribuzione moderna corre seri rischi se non aggancia il treno della forte e irreversibile innovazione: lo sconvolgimento digitale è dietro l’angolo. E il robot domestico è già realtà per il 17% dei nostri connazionali.
Nel futuro Coop – annuncia l’insegna nella nota – continuerà a lavorare sul versante del digitale e dell’innovazione, anche dopo Expo dove ha provato a immaginare il futuro della distribuzione alimentare, ma non solo. “Proseguiremo nel riposizionamento strategico avviato quest’anno con un forte investimento sui prezzi di vendita (“costa meno, non è una promozione”) – spiega l’azienda -. Gli effetti si vedono chiaramente nei dati sull’inflazione alimentare del 2015 dove Coop registra un significativo -1,5% mentre il mercato vede un’inflazione del +0,9%. Questo sforzo sulla convenienza penalizza nel breve i fatturati, ma i volumi di vendita di Coop sono migliori di oltre un punto rispetto al mercato”.
Il rapporto è consultabile all’indirizzo http://www.rapportocoop.it.