di Valeria Surico, Head of Media, Digital, CRM and PR di Danone
L’esperienza di Danone con il programmatic è iniziata circa 3 anni fa, quando, avviando un percorso di ribilanciamento del media mix, da TV centrico a cross mediale, eravamo alla ricerca di uno strumento che ci permettesse di comunicare a target specifici beneficiando dei dati disponibili in rete.
È per questo motivo che da subito abbiamo iniziato a sperimentare il programmatic non con la volontà di abbattere i costi, ma con specifici obiettivi di reach in target prima e di viewability poi. Nel corso del tempo abbiamo ottimizzato su KPI per noi rilevanti, giungendo a livelli di sofisticazione che ci permettono di parlare ai consumatori, al posto giusto, al momento giusto e con la creatività corretta.
Oggi nel digitale Danone investe una quota tra il 20 e il 30% a seconda dei segmenti merceologici e in generale circa il 60% del planning digital passa dalle piattaforme di programmatic.
Negli ultimi 2 anni il nostro lavoro sul programmatic si è esteso su più fronti, abbiamo sperimentato diverse piattaforme. Noi acquistiamo da sempre solo con deal privati, questo ci permette di avere fiducia sulla qualità dei player che coinvolgiamo nel planning e con l’aiuto di MindShare, il nostro centro media, abbiamo strutturato un team inter-funzionale che sperimenta, ottimizza i piani rispetto ai KPI, impara dalle best e dalle worst case e acquisisce know-how.
Le metriche che valutiamo sono la reach in target e la viewability, quest’ultimo tema caldissimo sul mercato che però si accontenta di benchmark troppo poco sfidanti per essere interessanti. Sono convinta che gli investitori non debbano accettare alte dispersioni o viewability troppo basse, ma devono al contempo essere disposti a utilizzare il programmatic non per fare solo efficienza di costi ma per migliorare la qualità del planning.
Certo, nel programmatic la catena dei passaggi è spesso molto lunga, c’è una serie di costi necessari che in altre pianificazioni non ci sono: anche in questo caso, è importante trovare il giusto equilibrio tra costi e benefici. La domanda da farsi, caso mai, è qual è l’alternativa? Io non credo che esista, se non si vuole tornare al passato mentre i nostri consumatori sono proiettati al futuro.
Le prossime sfide per noi oggi sono le DMP – i dati proprietari sono una grande risorsa, ma richiedono sforzi ancora molto grandi – e il mobile che ha tre grossi problemi: la misurazione, le metriche e soprattutto la creatività. Sempre più e sempre più spesso vedo contenuti – non solo creativi – che non possono essere fruiti al meglio sui dispositivi mobili. Bisogna essere consapevoli di caratteristiche e dei limiti del mezzo e se la creatività non è adatta, meglio lasciar stare se non si vuole rivedere lo stesso film visto 20 anni fa con il web.