Alla comunicazione verrà richiesta più trasparenza, meno manipolazione, più inclusività, meno hard selling
di Francesco Morace, sociologo e fondatore di Future Concept Lab
Le prime ricerche internazionali sul tema dimostrano che l’Italia e gli italiani si sono dimostrati tra i più resilienti ed efficaci nel gestire l’emergenza Covid-19. A noi sembrerà strano, perché soffriamo di inguaribile autolesionismo, ma il salto che abbiamo compiuto nell’adottare comportamenti lontanissimi dal nostro precedente modo di vivere è sotto gli occhi di tutti: distanziamento efficace, smart working, cura e sanificazione, ridefinizione dei luoghi pubblici. Siamo stati bravi: al Nord, al Centro e soprattutto al Sud. Dobbiamo dircelo.
Adesso ci aspetta l’impresa più difficile: ricostruire valorizzando l’insegnamento forzato che il virus ci ha imposto. A questo è dedicato il libro che ho appena pubblicato con Egea La Rinascita dell’Italia. Una visione per il futuro tra etica ed estetica aumentate. Mi limito qui a estrarre alcune indicazioni per le brand italiane in termini di comunicazione: crediamo che in questa fase così delicata si debba rilanciare la sfida della bellezza aumentata, seguendo la nostra natura e rafforzando il nostro DNA. Mettere insieme il valore umano, l’intelligenza contestuale, il tocco d’artista e il tailor made. Tutto ciò che è bello, armonico, piacevole al tatto e alla vista, diventerà nuovamente desiderabile in un mondo che per alcuni mesi ha vissuto con il fiato sospeso, temendo per la propria sopravvivenza. Il bello tornerà a fornire una ragione di vita, un motivo di godimento quotidiano, e in questo senso aumenterà il proprio ruolo sociale, inclusivo, rasserenante, a partire proprio da quegli spazi pubblici che nei tempi del contagio sono stati evitati.
Emergerà una riflessione sulla bellezza come bene comune, sulla vitalità di un’estetica che è un sentire e che aiuta le persone a vivere meglio, trasformandosi in etica aumentata. Un valore che non ha un costo e nemmeno un prezzo, ma incarna la forza del gusto, dei legami, della cultura, della bellezza e dell’autenticità. Continueremo a non imitare gli altri, ma non dovremo atrofizzare le imprese bloccandole nella paura, sulla difensiva; dovremo piuttosto spingerle ad affrontare i mercati con il coraggio del futuro: investendo su qualità e bellezza.
Contemporaneamente sarà emerso, in modo invisibile e attraverso l’innovazione sociale che riguarda la vita concreta delle persone, un nuovo concetto di ‘valore’, di human value. Dobbiamo convincerci da italiani del nostro possibile ruolo di ‘rianimazione’ del mondo, attraverso la terapia intensiva del bello e del buono. Come hanno fatto in un glorioso passato la moda e il design e come continua a fare la meccanica di precisione: muovendoci nel gusto, sul mercato alto e medio-alto, non solo con il lusso. Fare questo significa costruire un’esperienza partendo dalle radici, dalla rigenerazione e dalla consapevolezza che la nostra forza risiede in un’Italian way of life che ha rischiato di essere spazzata via dal contagio, e che invece riemergerà in una logica espansiva, non difensiva.
Dobbiamo capire quanto il nostro DNA sia spendibile a livello globale, partendo dalla dimensione di un’etica aumentata che dovremo rispettare interpretando un ruolo di ‘rianimazione’ del mondo. Lo choc che abbiamo vissuto “deve ispirare la dimensione generativa delle nostre scelte future: l’audacia di imprese collettive ritenute impossibili che diventano finalmente possibili”, come ha scritto Massimo Recalcati nel pieno della pandemia.
La ripresa del discorso di Chaplin in ‘Il Grande Dittatore’ (eravamo nel 1940, altro passaggio drammatico per l’umanità), proposto da Lavazza come antidoto alla pandemia, ci sembra un bell’esempio in questa direzione.
Possiamo affermare con ragionevole certezza che alla comunicazione verrà richiesta più trasparenza, meno manipolazione, più inclusività, meno hard selling, per l’obiettivo di un Bene Comune da declinare non solo con i principi morali e le regole della convivenza, ma anche con l’emozione di un gusto ritrovato, in quella convivialità a cui per mesi abbiamo dovuto rinunciare.