Il Festival della Crescita, la cui tappa conclusiva inizia domani e continua fino domenica a Milano, intende portare nei territori la consapevolezza che il mercato globale non vorrà perdere il gusto, l’ingegno, la qualità e verrà a cercarli da noi, se saremo in grado di garantirli senza ambiguità.
di Francesco Morace, fondatore di Future Concept Lab
La scommessa per il made in Italy risiede nella capacità imprenditoriale di attivare la sua intelligenza più profonda nutrendosi in modo sensato dei Big Data che avrà a disposizione per proporre una nuova qualità di vita, meno orientata a desideri immediati (che diventano capricci) e impegnata invece nella costruzione strategica di un mondo ad ‘alta risoluzione’.
Per affrontare questa sfida e vincere la scommessa, bisognerà trasformare il capriccio in gusto, la passività in ingegno, il caos in qualità. In questa sfida bisognerà attivare nelle seconde e terze generazioni di imprenditori alle prese con il cambiamento, questi tre elementi essenziali.
Il Festival della Crescita che chiude il suo cerchio a Milano dopo aver toccato 12 città, intende portare nei territori questa nuova consapevolezza: in futuro il mercato globale non vorrà perdere il gusto, l’ingegno, la qualità e verrà a cercarli da noi, se saremo in grado di garantirli senza ambiguità. Con il Festival cerchiamo di aiutare ogni città a individuare il proprio talento, lavorandoci, approfondendolo: in questa dimensione si potranno affermare sia il lusso per un mercato più alto, che l’eccellenza italiana, più democratica e inclusiva.
In questo triplice passaggio risiede anche il futuro strategico dell’Italian Way of Life e del Made in Italy. Con l’esperienza del gusto creativo si tratterà di sperimentare le occasioni, di connettere le generazioni, di ampliare la gamma possibile di esperienze eccellenti. Con la sfida dell’ingegno sarà necessario dimostrare il talento, espandere la qualità della vita, far evolvere la tradizione. Nella dimensione della qualità, che significa qualità della vita, benessere ed ‘essere bene’, emergerà il rispetto per il territorio, la cura per i dettagli, l’educazione alimentare. Il nostro futuro dipenderà dalla qualità dei nostri desideri e da una intatta capacità di sperare nella bellezza: le imprese italiane potranno dare un contributo importante in questa sfida.
In futuro avremo sempre più bisogno di ‘facitori italici’. Designer e chef, agricoltori e artigiani, in grado di proporre una nuova esperienza di vita che possa condensarsi in brand rinnovate.
Dal capriccio generico che sembra imperversare nel mercato e nel web – impregnato di narcisismo, irrilevanza, impazienza – bisognerà tornare a definire e proporre il gusto italiano, che implica sensibilità estetica, saper fare, discernimento: gli ingredienti giusti per una nuova credibilità di brand.
Dalla passività che spesso deriva da un eccesso di scelta, dall’ubriacatura irresponsabile del troppo, da una condivisione superficiale del peggio, da una bassa risoluzione delle esperienze a cui spesso conduce il digitale massificato (nella musica, nella fotografia, nell’informazione) – si dovrà risalire – nella costruzione di una brand – verso l’ingegno che si nutre di talento, interdisciplinarietà, versatilità.
Dal caos – che a volte appare un inevitabile destino in preda alla labilità dell’informazione, al fake, alla mancanza di garanzie – bisognerà far riemergere la qualità, sostenuta dalla certificazione, dalla rifinitura, dalla sostenibilità. Tutti elementi presenti nel DNA delle brand italiane più avanzate, e questo sarà il compito degli ‘Italian Doers’: preparati e competenti, in grado di produrre e raccontare l’alta qualità non solo dei prodotti italiani, ma di un ‘fare’ che ogni brand dovrà saper esprimere.
Qui il programma completo dei 4 giorni del Festival della Crescita