Due tappe in Italia per ‘evangelizzare’ il mondo del giornalismo sulla bontà dell’Intelligenza Artificiale: Francesco Paulo Marconi, da poche settimane responsabile R&D del Wall Street Journal, ha parlato della necessità di trovare un equilibrio tra spinte opposte, tra resistenza e innovazione, lasciando immaginare redazioni in cui l’AI possa aiutare a mettere in ordine nell’overload informativo, favorire insight nascosti, verificare storie, liberare il tempo dei giornalisti dai compiti più ripetitivi, adattare testi per versioni differenti o magari creare versioni differenti dello stesso testo da prospettive diverse: per esempio, il risultato di un derby. E di giornalisti come ‘information officer’, guardiani di un’etica necessaria, perché anche l’AI sbaglia, non per niente gli algoritmi li scrivono gli uomini.
La Digital Transformation non è solo un fenomeno di natura prettamente tecnologica, è soprattutto un cambiamento culturale capace di offrire a chi la abbraccia una nuova mentalità più aperta alla sperimentazione. Per me, il nuovo giornalismo poggia su 3 pilastri: il ruolo di AI e Machine Learning, il giornalista come scienziato e information officer, l’Automated e l’Augmented Journalism come nuovi modi di fare informazione.
In un mondo in cui i media offrono diverse modalità di fruizione dell’informazione, fare la differenza è la chiave per competere e l’AI è di grande aiuto. Non dobbiamo pensarla come un insieme di super-intelligenze capaci di pensare come l’uomo, ma come l’interazione tra uomo e macchina, la comprensione di questa collaborazione e i risultati che ne conseguono. Per cominciare, la possibilità di mettere ordine in un ambiente che produce informazioni incessantemente da piattaforme differenti che competono nello stesso spazio. Processi di investigazione e scrittura più dinamici, storie migliori, più produttività, nuove opzioni di fruizione e condivisione.
Mentre le tecnologie si evolvono, la natura del giornalismo rimane fedele a sé stessa: fare domande e approfondire. Cambia, invece, il mestiere del giornalista, che diventa information officer, per mediare il mondo attraverso mezzi differenti con trasparenza e responsabilità, interrogandosi sulla direzione, anche etica. Le macchine non sostituiscono il giornalista, ma ne liberano la creatività, aiutano a condividere le notizie e offrono ai lettori nuovi modi di fruizione a seconda della piattaforma di distribuzione.
Automated e Augmented Journalism permettono di ovviare azioni ripetitive, lasciando spazio e tempo alla ricerca, e di favorire la creatività attraverso strumenti per aiutare il processo investigativo. Le tecnologie che possono essere adottate per l’Automated e l’Augmented Journalism sono l’ Image Recognition per il riconoscimento di un’immagine attraverso il tag degli elementi contenuti; la Facial Recognition, per la comprensione delle emozioni umane attraverso la mimica facciale; la Voice Recognition, per identificare una fake news attraverso la modulazione di voce e linguaggio; il Text to speech, per permettere la fruizione di notizie attraverso assistenti vocali come Amazon Alexa e Google Home.