La CEO EMEA di Ogilvy Patou Nuytemans ha raccontato a BrandNews cosa intende per leadership trasformativa, quanto conti avere un background diverso e in cosa risieda la forza del network
Patou Nuytemans è CEO del network Ogilvy EMEA, che conta più di 5000 persone, ed è responsabile di oltre 20 mercati. Entrata in Ogilvy Belgio nel 1993, ha ricoperto ruoli di crescente responsabilità in tre continenti, su diversi clienti e settori. Quando le fu offerto il ruolo di CEO di Ogilvy EMEA nel settembre 2021, pur essendo belga e provenendo da un mercato più piccolo, Nuytemans, decise di considerare la sua nazionalità non come un ostacolo, ma come un punto di forza. Nella sua nuova posizione, si è data la missione di promuovere una leadership trasformativa, incentrata sulla collaborazione e l’empatia, che considera come il modo migliore per ottenere il massimo dai team creativi.
«Con i creativi c’è un maggiore bisogno di collaborazione, di un leader che ne supporti l’individualità oltre a facilitare il team, che sappia consultare e coinvolgere gli altri, e non un leader direttivo tradizionale», ha spiegato Nuytemans a BrandNews in questa chiacchierata in cui racconta la sua visione, cosa sia per lei la leadership trasformativa e perché partire da un paese piccolo sia un vantaggio.
In Italia questa visione di leadership è portata avanti da Roberta La Selva, CEO dell’agenzia, per la quale la guida carismatica di Patou è una fonte di ispirazione. Non solo ne condivide appieno la visione ma la considera fondamentale per il successo dell’agenzia. «Una forte collaborazione e sinergia tra team diversificati e una spiccata sensibilità nei confronti delle persone sono gli elementi chiave per elevare la qualità del nostro lavoro, permettendoci di raggiungere risultati eccellenti e offrire soluzioni innovative ai nostri clienti. Questo non solo da punto di vista creativo ma anche di approccio di gestione e strategico», sottolinea.
È vero che la nazionalità è ancora spesso un ostacolo, invece che un punto di forza nell’industria della pubblicità?
«Questa non è esattamente la realtà che vedo io. L’industria pubblicitaria, al suo meglio, è incredibilmente diversificata, e la rete Ogilvy ne è la prova. Crediamo fermamente che le idee più potenti emergano quando persone provenienti da background diversi, con prospettive ed esperienze diverse, si uniscono.
Al centro della nostra strategia c’è la collaborazione tra le nostre diverse competenze e mercati. Qualunque brief ci portino i clienti, avranno a disposizione l’intero network Ogilvy, con il team locale che si assicurerà che sia rilevante per il problema che l’azienda o il brand deve risolvere. Inizialmente, avevo il pregiudizio che guidare una grande regione come l’EMEA fosse un ruolo più adatto a qualcuno proveniente da un mercato più grande. Mi sbagliavo. Il mio background, pur essendo diverso, è stato una risorsa perché basato su esperienze in diversi reparti e paesi, il che mi ha permesso di portare una prospettiva unica.
La forza collettiva di Ogilvy deriva dai diversi talenti all’interno del network e dalla nostra capacità di combinarli in modo adeguato, fluido e rapido in funzione delle esigenze dei nostri clienti».
Essere donna rappresenta ancora una difficoltà?
«Mentre l’industria pubblicitaria ha fatto grandi passi avanti, c’è indubbiamente ancora molto lavoro da fare per raggiungere una vera diversità a tutti i livelli. In Ogilvy, consideriamo la diversità non solo una necessità, ma un punto di forza. I team diversificati sono più creativi, più innovativi e meglio equipaggiati per comprendere e connettersi con il pubblico dei nostri clienti. Credo che dobbiamo promuovere attivamente la diversità a tutti i livelli, continuando a favorire la rappresentanza e fornendo supporto ai nostri team per consentire una maggiore diversità nella leadership. Questo include il mentoring e la creazione di una cultura in cui ognuno si senta libero di contribuire con le proprie prospettive e talenti unici.
Un esempio di come lo facciamo è il nostro programma Ogilvy xChanger, di cui abbiamo appena lanciato la seconda edizione. Una delle iniziative sono gli ‘xChangers’, un comitato consultivo di 40 giovani provenienti da ogni paese EMEA il cui scopo è ispirare, fornire feedback e scambiare idee con me, il team di leadership regionale e tra di loro. In questo modo ci assicuriamo di rimanere al passo con i feedback e le idee delle nuove generazioni».
Cosa comporta il suo ruolo di CEO EMEA per Ogilvy? Quante differenze e quante somiglianze trova viaggiando da una sede all’altra? Come funziona la contaminazione tra culture diverse?
«Vedo il mio ruolo come quello di un direttore d’orchestra – non di musicisti, ma di energia umana -, in modo da garantire un’organizzazione ottimale finalizzata a creare idee forti che abbiano un impatto decisivo sui risultati di business e di brand per i nostri clienti. Per questo motivo il mio focus è sulle persone, come individui ognuno con la propria cultura, ma anche come team: riunendo le persone in un ambiente di fiducia con un’ambizione e un piano condivisi, possiamo concentrarci sul raggiungimento di risultati per i nostri clienti oggi e in futuro.
Sono molto fortunata a viaggiare tra i nostri uffici e vedo sia differenze entusiasmanti, sia punti in comune. Ognuna delle nostre sedi è saldamente radicata al suo mercato locale, sia per quanto riguarda la conoscenza dei brand che quella dei consumatori. Ma fanno anche parte di una vera e propria rete internazionale attiva con una forte cultura condivisa e che mette a disposizione best practice e competenze.
Abbiamo centri di eccellenza a cui ogni mercato può attingere, ad esempio in Irlanda sono specializzati nel marketing sportivo, a Londra in scienze comportamentali, in Belgio in innovazione sui social media, mentre l’Italia ha una straordinaria esperienza nel settore della bellezza e nelle tecnologie emergenti a cui i nostri altri uffici possono attingere.
Ci piace pensare a Ogilvy come la più locale delle agenzie internazionali e la più internazionale delle agenzie locali».
Cosa è la leadership trasformativa e come la si costruisce?
«È una guida che responsabilizza i team attraverso la collaborazione e il processo decisionale condiviso, e in tempi come questi, mentre navighiamo in un periodo di grande incertezza globale, la leadership inclusiva è più importante che mai. Nella mia esperienza, questo stile è particolarmente efficace nei settori creativi, dove ispirare e abilitare i team favorisce la crescita e l’innovazione.
Sebbene a volte venga erroneamente interpretata come mancanza di ambizione, la leadership trasformativa consiste nel comprendere e indirizzare l’energia umana, sia individuale che collettiva, verso obiettivi condivisi a beneficio sia delle persone che dell’azienda. Richiede ascolto attivo, mentoring e una genuina fiducia nel potere delle diverse prospettive per garantire l’eccellenza della nostra offerta».
Come ha visto evolvere il network Ogilvy nel corso degli anni e come immagina che si evolverà in futuro sotto la sua guida?
«Ogilvy ha festeggiato lo scorso anno il suo 75° anniversario, incredibile! Siamo da 75 anni in prima linea nel settore. Il nostro principio fondativo è che ciò che facciamo – creatività e idee – sia per il bene delle persone e del pianeta, e questo è ancora oggi l’eredità che unisce il nostro network.
Durante il mio periodo in Ogilvy, ho visto il nostro modo di lavorare evolversi per abbracciare nuove tecnologie e piattaforme, espandendo le nostre capacità per soddisfare le mutevoli esigenze dei nostri clienti. Siamo un’agenzia che innova e continueremo a investire in tecnologie emergenti come l’IA, non per sostituire la creatività umana, ma per migliorarla e per offrire il miglior risultato ai nostri clienti. È un momento entusiasmante!».