D&AD e Uncommon lanciano una campagna provocatoria sul destino della creatività, che è morta solo se lo pensi tu

Per i D&AD Awards 2026, l’organizzazione globale no-profit dedicata a design e creatività commerciale lancia una campagna di call for entries bella provocatoria.

Ideata da Uncommon Creative Studio London, si chiede “Is Creativity Dead or Alive?” citando una per una tutte le scuse che i creativi accampano per allontanare da sé il sospetto di non aver fatto del loro meglio e di aver prodotto campagne inguardabili e noiose. Non è colpa della tecnologia, dei social, dell’Ai, dei video verticali… No no, è proprio colpa tua che hai perso tempo a scrollare e scrivere articoli di thought leadership su Linkedin invece di pensare a buone idee.

La campagna-manifesto lancia anche un hub che mira a riaccendere l’arte del fare nei professionisti della pubblicità.

Sul sito dandad.org/alive sono disponibili una serie di articoli, interviste e insight sul tema della creatività viva/morta, a cura di voci provenienti dal design e dalla pubblicità, che esplorano come la creatività si sta evolvendo.

“Oggi la creatività è più decentralizzata che mai, proviene da maker, creator, team in-house e una nuova ondata di studio indipendenti – commenta Donal Keenan, chief operating officer di D&AD -. Il nostro ruolo è garantire che tutte queste voci siano attrezzate e ispirate a continuare a spingere avanti l’eccellenza creativa. Eppure, in questa abbondanza, la creatività rischia di diluirsi. I brand trovano più difficile che mai emergere e coinvolgere veramente il pubblico, ed è esattamente per questo motivo che questa provocazione è necessaria”.

Lisa Smith, presidente di D&AD e global chief design officer di Uncommon, ha aggiunto: “La creatività non muore, va alla deriva. Viene sepolta sotto le scadenze, i dati e la paura di correre rischi. Questo manifesto è un promemoria per il settore: le idee sono potenti solo quanto le persone sono abbastanza coraggiose da renderle reali”.

Nils Leonard, trustee di D&AD e co-fondatore di Uncommon, dà la mazzata finale: “Parliamo come osservatori orgogliosi di un incidente d’auto al rallentatore. Saggi di mille parole su LinkedIn, pubblicati con tono funereo a tarda notte, su come i nostri castelli stiano crollando intorno a noi, su quanto sia fragile la creatività, salvo che non lo è. Sì, siamo i passeggeri sull’autobus che cade dal ponte, ma il problema è che siamo anche gli autisti. La tecnologia, l’in-housing e gli influencer non hanno ucciso la creatività, lo abbiamo fatto noi. Muore ogni volta che passiamo più tempo a ciondolare sui social e ogni volta che iniziamo a credere che il nostro lavoro consista nel fornire soluzioni di contenuto. Zitto e lavora. La più grande minaccia ai nostri posti di lavoro non è l’IA, è l’apatia. Se crediamo che la creatività sia morta, se crediamo che sia viva, abbiamo ragione”.

Qui il manifesto:

Creativity is dead.

It wasn’t AI.
It wasn’t social media.
It wasn’t short form or phone cameras.

It was you.

It was every person who wrote
thought pieces instead of thinking.
Who scrolled instead of doing.
It was every critic.
Every passenger.
Every excuse.

Everyone who said
“What can I do?”

But if you wake up one day,
And spend just enough time caring.
To make something more than noise.
To turn anything into something.

Maybe you can say:
Creativity is alive.

D&AD e Uncommon lanciano una campagna provocatoria sul destino della creatività, che è morta solo se lo pensi tu ultima modifica: 2025-11-28T09:48:51+01:00 da Redazione

Related posts