Abbattere i silos generazionali per attrarre, sviluppare e trattenere i talenti e lavorare di più sul work/life balance, tema importante per i giovani
Due tavole rotonde hanno accompagnato la presentazione della ricerca annuale del Centro Studi UNA insieme con Almed Università Cattolica sul mercato del lavoro nella industry della comunicazione, ricerca che quest’anno si è soffermata di più sul valore del benessere per chiedersi come stanno le persone che lavorano nel settore.
Uno degli elementi di novità emersi con più forza è quello del divario generazionale e del precario equilibrio vita/lavoro, soprattutto per Millennial e Gen Z.
Voci che sono arrivate in diretta negli interventi di Paola Cecere, junior copy Dude, Pietro Crimaldi, head of design di OutNow Agency, Arianna Talamona, social content creator YAM112003, e Valeria Toro, digital marketing consultant Dentsu.
Un divario che si fa sentire nel differente giudizio sul lavoro da remoto – un dato di fatto per gli under 30, un ostacolo altri – che per l’81% dei rispondenti diventa oggi una buona ragione per scegliere un posto di lavoro.
Al contrario, ce ne sono tantissime per abbandonarlo presto, a cominciare dallo scarso riconoscimento economico per quanta proattività si dimostri in agenzia, dalla valorizzazione dei talenti all’inclusione.
“Si ha l’impressione di vedere nero su bianco qualcosa che si ascolta ogni giorno nei corridoi delle agenzie”, commenta Cecere convinta comunque che si possa ancora trasformare la cultura aziendale che tiene i giovani lontani dalle agenzie.
“Poche sorprese dai risultati della ricerca” anche per Toro, convinta sostenitrice del valore dello smart working, anche per il recupero di quel precario equilibrio tra vita e lavoro, mentre Crimaldi ha puntato soprattutto sulla individuazione di buone pratiche per ridurre gli attriti. Molto lavoro, invece, resta in fatto di inclusione.
“C’è una diffusa percezione sbagliata di disabilità e disabilità, ci sono anche agenzie che non hanno abbattuto le barriere architettoniche”, sottolinea Talamona, nuotatrice paralimpica, argento a Tokyo 2020 e “stufa di essere l’unica persona disabile nella stanza”, cioè che i problemi non vengano visti.