Giuseppe Pavone, Executive Creative Director di Leo Burnett Italia, inaugura una serie di riflessioni che BrandNews ha chiesto ad alcuni direttori creativi sul loro rapporto con l’AI, sugli esperimenti fatti, i limiti etici, il governo dell’AI e come immaginano l’agenzia del futuro
Qual è il tuo rapporto con l’AI?
Credo che l’AI sia una vera rivoluzione. Nella mia esperienza quasi ventennale nel mondo della comunicazione ho assistito a diverse innovazioni tecnologiche e digitali che hanno completamente trasformato il modo di lavorare, ma nessuna mi ha impressionato come questa. Le potenzialità sono illimitate e anche la velocità di apprendimento con cui le piattaforme si evolvono e migliorano giorno dopo giorno è davvero sorprendente. Però, ci tengo a dirlo, finora nessuna di queste piattaforme ha avuto la capacità di elaborare un pensiero creativo al pari di quello umano. Per questo motivo, considero l’AI come uno strumento nuovo e potentissimo in grado di aiutarci, almeno dal punto di vista esecutivo, a realizzare le nostre idee.
E quello del tuo reparto?
Credo che la curiosità e la voglia di aggiornarsi continuamente siano requisiti fondamentali per chi ama fare il nostro mestiere. Un creativo che lavora in Leo Burnett non può prescindere dal saper utilizzare anche queste piattaforme, ben consapevole però del fatto che non potrà mai delegare alla macchina quello che gli viene chiesto ogni giorno dalla nostra agenzia: pensiero laterale, visione strategica, creatività, crafting. Direi che il rapporto di tutta l’agenzia con l’AI è al momento ‘open minded’.
Hai (avuto) resistenze? Entusiasmi? Opportunità o minaccia?
La stiamo vivendo come un’opportunità e la utilizziamo quando riteniamo ci possa davvero aiutare a realizzare al meglio un’idea.
Su cosa e come l’hai sperimentata?
Il primo lavoro in cui abbiamo usato l’AI è il progetto realizzato per il Gruppo Iren ‘I Capolavori del Climate Change’. Un’iniziativa che accende i riflettori sul tema della sostenibilità ambientale, su cui il Gruppo Iren è da sempre impegnato, anche in chiave educational. Si tratta di una collana di libri reinterpretati alla luce dei cambiamenti climatici, 10 best seller della letteratura mondiale riscritti in chiave distopica. In agenzia abbiamo realizzato le illustrazioni delle copertine dei libri con Midjourney, poi durante il Salone del Libro di Torino, durante il quale abbiamo presentato per la prima volta al pubblico i volumi, abbiamo invitato le persone a crearne di nuovi in tempo reale, sempre grazie all’AI. Un progetto guidato dal pensiero uman” che ha usato l’AI come tool in grado di amplificare un’idea già molto forte in partenza.
Immagini o testi, cosa funziona meglio?
Al momento, le piattaforme di generazione di immagini mi sembrano molto più avanzate e potenziali rispetto a quelle di generazione di testi. Gli esperimenti che ho fatto personalmente con ChatGPT non mi hanno entusiasmato. Il livello di scrittura è ancora medio-basso e totalmente privo di quelle sfumature, come per esempio può essere il sense of humor, che rendono un testo interessante.
Come si governa l’AI in un reparto creativo?
Mi tocca citare le famose 3 Leggi della Robotica di Asimov, in particolare la seconda: “Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani”.
E con i clienti?
Prendo sempre come esempio il progetto realizzato insieme al Gruppo Iren. Cliente e agenzia hanno lavorato fin dal primo momento come una squadra individuando insieme nell’AI lo strumento ideale per realizzare questo progetto. Ma il cliente ha sempre riconosciuto il valore delle persone dietro l’idea. La relazione umana, il dialogo e la capacità di un’agenzia nel saper dare una risposta creativa ed efficace ai brief sono gli antidoti migliori alla tentazione di un cliente di sostituire le persone con un robot.
Quali sono i limiti etici?
Siamo agli albori di una nuova rivoluzione e, come sempre accade in questi casi, ci stiamo muovendo in un limbo dove non solo non sono chiare le regole nel campo del copyright e del diritto d’autore, ma non è ancora misurabile nel lungo periodo l’impatto di questa novità tecnologica nel mondo della comunicazione e del mercato del lavoro in generale. Quello che possiamo fare adesso è attenerci alle regole che ci sono e sperimentare, cercando di trovare il modo più creativo ed efficace per usare l’AI, ma sempre mettendola al servizio dell’insight strategico e dell’esecuzione creativa che devono essere il nostro faro nello sviluppo delle idee per i nostri clienti.
Come fai a stare dietro a tutte le novità?
Personalmente mi ritengo una persona curiosa di natura per cui mi è facile appassionarmi a tutto ciò che è nuovo. Quando ho iniziato a lavorare in agenzia c’erano solo TV, stampa, radio e si girava ancora in pellicola (Ok Boomer!). Sono passati 19 anni ed è completamente cambiato il mondo. Mi viene da dire “Go New Or Go Home”.
Come immagini l’agenzia del futuro alla luce dell’AI generativa?
Ecco, adesso qui ci vorrebbe la frase a effetto di chi ha la capacità di guardare lontano e di indicare la strada, ma onestamente non ne ho la più pallida idea. Mi limito a basarmi sulla mia esperienza quotidiana e su quello che ho appreso finora. Il primo progetto realizzato è stato entusiasmante e al momento può essere preso a esempio come best practice dall’agenzia, ma le potenzialità dell’AI dal punto di vista creativo sono ancora tutte da esplorare. Voglio essere ottimista e pensare che in futuro saranno sempre le persone a fare la differenza, non a caso l’approccio creativo/strategico della nostra agenzia si chiama ‘HumanKind’.