Non si può utilizzare l’immagine di opere iconiche dell’arte italiana senza autorizzazione. Il perché lo spiega l’analisi dell’avvocato Gilberto Cavagna di Gualdana dello studio legale Bipart
Il David di Michelangelo, emblema del Rinascimento italiano, rappresenta un modello non solo in campo artistico, ma è anche di forte impatto nel mondo pubblicitario. Negli ultimi anni l’opera custodita dalla Galleria dell’Accademia di Firenze è stata infatti usata da diverse società per proporre i loro prodotti o servizi, dalle visite turistiche alle armi sino a vestiti ed occhiali; per lo più, però, senza l’autorizzazione prescritta per i beni culturali, da parte dell’amministrazione che li abbia in consegna, e pertanto in violazione delle norme previste a tutela dei beni culturali (artt. 107 e 108 codice beni culturali).
Come nel caso giudicato di recente dal Tribunale di Firenze, che ha visto condannato un centro di formazione toscano per giovani scultori per aver riprodotto senza autorizzazione la nota scultura nel proprio sito (ord. del 14 aprile 2022 all’esito del procedimento di reclamo RG n. 1910/2022 proposto dal Ministero della Cultura, già Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo).
Il Codice dei beni culturali prevede sì delle eccezioni, ovvero delle ipotesi di riproduzione/duplicazione del bene culturale anche in assenza di autorizzazione, ma limitate a determinate modalità di utilizzo per uso personale o, in ogni caso, svolte senza scopo di lucro, per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale, a prescindere dall’eventuale pagamento (anche ex post) dei canoni e corrispettivi.
Del resto, “La natura stessa del bene culturale intrinsecamente esige la protezione della sua immagine, mediante la valutazione di compatibilità riservata all’Amministrazione, intesa come diritto alla sua riproduzione nonché come tutela della considerazione del bene da parte dei consociati oltre che della sua identità, intesa come memoria della comunità nazionale e del territorio, quale nozione identitaria collettiva: tale contenuto configura un diritto all’immagine del bene culturale in senso pieno” (così la pronuncia in commento). Modalità di utilizzo e usi ai quali non è di norma possibile ricondurre la riproduzione di un bene nell’ambito di campagne pubblicitarie volte a promuovere la vendita di prodotti e/o la fornitura di servizi.
Nel caso in esame poi, secondo il Tribunale di Firenze “l’utilizzo dell’immagine del David nel sito di una impresa commerciale è idoneo a svilire l’immagine del bene culturale facendolo scadere ad elemento distintivo delle qualità della impresa che, attraverso il suo uso promuove la propria immagine, con uso indiscutibilmente commerciale, che potrebbe indurre terzi a ritenere siffatto libero utilizzo lecito o tollerato” (ancora ord. del 14 aprile 2022), anche a prescindere che si tratti di immagini tratte della copia dell’originale realizzata dalla utilizzatrice stessa.
Il Tribunale inoltre ha ritenuto ravvisabili i presupposti per la chiesta tutela in via d’urgenza “evidenziando che per quanto i profili economici possano sempre essere regolati monetariamente, e quindi senza urgenza, tuttavia la volgarizzazione dell’opera d’arte e culturale e la riproduzione senza il preliminare vaglio ad opera delle autorità preposte con riferimento alla compatibilità tra l’uso e il valore culturale dell’opera, crea il pericolo di un danno irreversibile per tutti quegli usi che l’autorità preposta dovesse giudicare incompatibile, inibendola”, comportando un danno all’immagine dell’opera pubblica che è un danno anche immateriale al bene culturale per il suo valore collettivo e che comporterebbe un irreversibile pregiudizio nelle more della definizione della causa di merito.
Avv. Gilberto Cavagna di Gualdana
Bipart Studio legale, Milano