L’Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano ha analizzato lo scenario cookieless che l’industry dovrà affrontare dal prossimo anno. Solo metà delle aziende che investono in pubblicità si è già attivata per trovare soluzioni alternative
È ancora un work in progress la panoramica delle soluzioni per l‘internet ‘cookieless’ analizzata dall’Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano con il convegno ‘Internet Advertising: no cookie, no party’. E tale resterà, molto probabilmente, per tutto il 2021. Quando si parla di un futuro senza cookie, si fa riferimento al blocco da parte dei browser dei third party cookie (cioè creati da domini differenti da quello in cui si sta navigando) per il tracciamento cross-site, il retargeting, la profilazione dell’utente e il matching degli ID degli utenti tra diverse piattaforme. Un cambiamento profondo per l’intera filiera del programmatic – che nel 2020 valeva 588 milioni di euro, il 25% del totale investimenti internet adv, il crescita del 6% sul 2019 – con un impatto più forte per i player di terze parti, in particolare DMP e Data Company (il 70% di queste aziende attive in Italia raccoglie i propri dati tramite cookie), mentre per inserzionisti e publisher l’impatto previsto sarà medio e basso per le società di ad verification.
Le soluzioni alternative catalogate da OIM rientrano in 3 macro-aree: soluzioni di identità – come l’Universal ID, considerata una valida alternativa, ma debole perché non esiste ancora un ecosistema – contextual adv e altre soluzioni AI-based. Nel frattempo, il rischio è che il peso degli OTT aumenti ancora, dal 78% che aveva a fine 2020 sul mercato adv italiano. Intanto, i progetti ‘collettivi’ come la Privacy Sandbox proposta da Google e il Project Rearc di IAB Tech Lab sono ancora allo stato nascente.
Ritorno al futuro. Nel mondo cookieless torneranno a essere centrali contesto, contenuto e panel: una sorta di ‘ritorno al futuro’, lo ha definito Mario Varriale, Head of Product, Havas Media Group, sottolineando che non si tratta di un ritorno al passato perché si affrontano con strumenti tecnologici nuovi, dall’AI al NLP, e ricordando l’importanza degli zero party data, quelli che i consumatori condividono intenzionalmente e consapevolmente con i brand in cambio di qualcosa. Una cosa è abbastanza certa per tutti: in futuro ci saranno meno dati, ma più precisi.
Quanto sono pronti i brand? Di sicuro nell’ultimo anno è cresciuto l’interesse, non altrettanto la preparazione. Una survey dell’OIM (su 55 rispondenti) dice che a inizio 2021 il livello di interesse sullo scenario cookieless è rilevante in riferimento al targeting per il 71% dei rispondenti, alla misurazione per il 65% e al programmatic per il 51%. Ma solo il 22% valuta come rilevante o massimo il livello di conoscenza della propria azienda in materia di targeting, il 31% lo ritiene tale per la misurazione e il 24% per il programmatic.
Vivaldelli (Upa): un anno per sperimentare più strade e imparare a valorizzare gli asset di prima parte
Sperimentare e aggiungere ipotesi di lavoro con “grandi opportunità e qualche mal di testa”: è questa la strada da percorrere nel 2021 per Alberto Vivaldelli, responsabile digital Upa, intervenuto al convegno dell’Osservatorio Internet Media sugli scenari che si apriranno dopo l’eliminazione dei cookie.
L’osservatorio permanente istituito due anni fa dall’associazione restituisce una fotografia allineata ai risultati dell’OIM a proposito dello stadio di preparazione dei brand, con una fortissima accelerazione nell’interesse delle aziende negli ultimi mesi, ma con “tutti un po’ alla finestra per capire quali saranno le strade su cui investire”, ha spiegato Vivaldelli.
Nei tavoli di lavoro Upa sul tema cookieless sono coinvolte circa 100 aziende che stanno ragionando su tante ipotesi, prima fra tutte la valorizzazione degli asset di prima parte, ma anche su collaborazioni e condivisioni, contextual arricchito e zero party data approach coinvolgendo i consumatori con nuove proposte di valore che consentano il tracciamento in cambio di qualcosa.
I test veri e propri inizieranno dal prossimo trimestre per provare sul campo la bontà delle soluzioni e costruire soluzioni alternative come il data lake consortile di Upa Nessie: saranno sperimentazioni con publisher, retailer e agenzie per poi decidere su quali asset investire, ha detto, aggiungendo che l’obiettivo non sono le black box da prendere a scatola chiusa – Upa comunque è già al lavoro con Google -, quanto soluzioni su cui poter intervenire con “un ruolo più proattivo delle aziende, elemento che in passato è, in parte, mancato.
Vivaldelli ha anche ricordato che riguardo alla misurazione si spera in “impatti meno dirompenti”, ma che bisogna anche tener presente che oltre alle decisioni dei browser in materia di cookie si dovrà tener contro della Direttiva ePrivacy che si prevede verrà approvata a fine 2022, aumentando così gli elementi di incertezza per le aziende.