Per la presidente dell’Osservatorio Laura Corbetta, il branded entertainment è una grande opportunità per tutte quelle brand che puntano su valore e purpose. Nel 2020 stima investimenti in pareggio: era prevista una crescita del 14% ma l’emergenza sanitaria ha fermato tutti i progetti
L’aumento del credito d’imposta, il cosiddetto ‘bonus pubblicità, che passa dal 30% al 50% dell’investimento totale (e non più solo la parte incrementale rispetto all’anno precedente) potrebbe essere utilizzato dai brand anche per la realizzazione di branded entertainment dando così un sostegno importante a tutto il sistema della comunicazione.
“Tutto il comparto sta soffrendo e il sostegno del governo è molto importante anche perché il settore è altamente ‘destrutturato’ sul fronte del lavoro”, spiega Laura Corbetta, presidente dell’Osservatorio Branded Entertainment. L’organismo, che di recente ha presentato il suo Libro Bianco sul Branded Entertaiment, sta analizzando il potenziale impatto della tax credit sull’industry del branded entertainment e ha avviato una serie di attività di informazione per far conoscere alle aziende queste misure di sostegno.
Nel 2020, infatti, era prevista una crescita del +14% per gli investimenti in branded entertainment, che nel 2019 ammontavano in Italia a circa 500 milioni di euro, ma l’emergenza sanitaria ne ha fermato la crescita. “Tendenzialmente, riusciremo a tenere gli investimenti allo stesso livello dello scorso anno”, aggiunge Corbetta.
L’OBE ha prodotto materiale informativo, una prima newsletter e un hub legale e fiscale, con uno sportello sempre aperto per gli associati e nelle attività di evangelizzazione va ascritto anche il Master UPA-OBE in Branded Content & Entertainment: “ci crediamo molto e pensiamo che farà bene alla practice perché il branded entertainment richiede una competenza ampia e diversificata, ma anche la costruzione di un terreno comune di dialogo tra brand e case di produzione”.
Purpose brand. “Il branded entertainment è una grande opportunità per tutte quelle brand che puntano su valore e purpose”, dice Corbetta, ricordando quanto la recente crisi sanitaria abbia messo in luce proprio i tratti valoriali dei marchi commerciali come legami della relazione con i consumatori, ma per la presidente di OBE quella del branded entertainment potrebbe dimostrarsi una leva importante non solo lato consumer, ma anche per il mondo B2b. “L’obiettivo è far capire che il branded entertainment, se inserito in strategie di comunicazione con prospettive di medio lungo periodo può portare risultati anche molto importanti”. Purpose e serialità sono, secondo Corbetta, le leve fondamentali del branded entertainment – dall’altra parte, la TV stessa si nutre di serialità – e le aziende potrebbero in questo modo creare property, su cui aggregare audience, che nel tempo diventano asset importanti per il marchio.
Linguaggio TV. Corbetta è però consapevole che un mercato allo stato nascente – almeno in Italia – come quello del branded entertainment ora deve fare i conti “con una situazione difficile, perché non è semplice raccontarsi attraverso la lente del covid-19”. Mascherine, guanti e distanziamento sociale non sono certo appealing per una narrazione di brand, non importa quanto, di fatto, riflettano una condizione che accomuna tutti gli italiani. C’è però qualcosa di nuovo che si è fatto strada in questi mesi e sta modificando il linguaggio televisivo: video-chat e video chiamate sono diventate parte integrante del discorso quotidiano, il che potrebbe anche portare un abbattimento dei costi per un prodotto che richiede grandi capacità produttive e altrettanto grandi necessità di amplificazione in una logica pienamente cross-mediale.